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Un passo in più in Europa

logopattosindaciIl Consiglio Comunale di giovedì 30 luglio ha promosso nuovi passi di Verbania verso la città europea che merita d’essere.

Lo dimostrano:

  • l’appoggio del Consiglio all’ottimo lavoro dell’Amministrazione nel reperire fondi residui dal Pisu per finanziare le opere che permetteranno nel breve la riapertura di un bene prezioso come il Museo del Paesaggio;
  • la destinazione dei fondi alla riqualifica del lungolago di Pallanza;
  • la regolamentazione del passaggio della fibra ottica nella nostra rete cittadina.

Ma particolare attenzione intendiamo dare all’approvazione del Paes di Verbania, cioè il piano d’azione per l’energia sostenibile, conseguenza diretta dell’adesione al Patto dei Sindaci, votato all’unanimità dal Consiglio Comunale nell’agosto dell’anno scorso.

Il Patto dei Sindaci è un’iniziativa promossa dall’Unione Europea che mira a coinvolgere le città europee su base volontaria, allo scopo di raggiungere una sostenibilità energetica ed ambientale entro il 2020 rispettando il programma 20-20-20, cioè:

  • riduzione del 20% delle emissioni di gas serra;
  • incremento del 20% delle fonti energetiche rinnovabili;
  • riduzione del 20% dei consumi energetici.

Il Paes è quindi un documento corposo costituito di due parti:

  • l’inventario delle emissioni di base, che fornisce informazioni sulle emissioni di CO2 attuali e future: lo studio si è basato sull’anno di riferimento del 2010, unico anno successivo al 1990 per cui è stato possibile ricostruire un quadro del consumo energetico del Comune e su cui gli estensori del documento hanno compiuto un complesso lavoro di incrocio di dati, rilevati tramite Enel, Istat, Terna e Ministero. Ne risulta che le emissioni sono per la maggior parte attribuibili al settore residenziale (46%), al trasporto privato (26,8%) e che il settore pubblico contribuisce solo per un limitato 4,10%. Benché minoritario, il pubblico può e deve essere esempio per gli altri settori, cioè guida di un percorso così virtuoso. pensiamo ad un patrimonio comunque importante di 16 edifici scolastici, oltre a 72 edifici ad uso pubblico, 26 parcheggi e autorimesse, 9 cimiteri e 28 edifici ad uso sportivo,
  • il piano in senso stretto, che individua ben 12 azioni che l’Amministrazione intende portare avanti al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati, dalla riqualificazione dell’illuminazione pubblica, con la sostituzione di 2600 punti luci e con un risparmio di 564 tonnellate di CO2 in un anno, alla riqualificazione e il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici pubblici con la sostituzione delle caldaie obsolete, interventi di coibentazione delle pareti esterne, installazione di energie rinnovabili, con un’ipotesi di riduzione del 30% sia per il calore che per l’elettricità ad azione articolate in ambiti quali mobilità sostenibile, turismo, ammodernamento del parco auto, ottimizzazione del trasporto pubblico e, per concludere, un’azione di comunicazione e sensibilizzazione.

Va precisato che il Paes è per propria natura uno strumento flessibile al servizio del Comune che individua dei percorsi ma è poi soggetto alla capacità della politica di decidere quali obiettivi privilegiare di volta in volta per raggiungere il risparmio ed efficientamento previsti.

Insomma uno strumento strategico che travalica la quotidianità e l’ordinaria amministrazione, permette di alzare lo sguardo verso un orizzonte più ampio, che vede Verbania inserita in un progetto europeo, che responsabilizza tutti i cittadini ad una maggiore attenzione ai temi dell’ambiente e che ci impone di pensare allo sviluppo della nostra città solo con azioni compatibili con questi obiettivi.

E’ compito della politica immaginare e progettare la visione di città e il suo sviluppo futuro da qui ai prossimi anni, ma qualunque strada si prenda, non si potrà prescindere dall’impegno che ci siamo assunti sui temi ambientali e del risparmio energetico.

Gruppo Consiliare PD Verbania

Tigano calpesta la democrazia

palazzo FlaimLa commissione servizi alla persona di ieri sera non ha trovato un’intesa sulla votazione del Presidente della stessa. La minoranza ha proposto una candidatura-provocazione: Stefania Minore.

Da parte nostra sulla consigliera abbiamo espresso un chiaro giudizio politico, non avendo la stessa, a nostro avviso, gli elementi di sobrietà e capacità di stare sopra le parti.

Il Presidente è tale quando è garantito da un numero di voti sufficienti perché il consenso sulla sua proposta sia il più ampio possibile mentre ieri si è palesata una non unanimità della minoranza sulla candidatura e il non sostegno della maggioranza sulla stessa.

La maggioranza ha chiarito la disponibilità a lasciare che fosse la minoranza ad esprimere la Presidenza della commissione, come da definizione condivisa tra le forze politiche al momento della istituzione delle stesse a inizio mandato amministrativo.

Ha chiarito anche che, non essendoci al momento una candidatura con un sostegno importante e non essendoci altri candidati, fosse opportuno posticipare il voto con l’obiettivo di trovare una maggiore convergenza tra le forze politiche su un nome condiviso.

Qui è capitato un fatto che ha dell’increscioso.
Il Presidente reggente, il consigliere del fronte nazionale Giorgio Tigano, ha negato alla maggioranza di potere votare la proposta effettuata.
Si è opposto ad un diritto sacrosanto dei consiglieri di vedere messa ai voti una proposta razionale e di buon senso, nonostante le proteste dei consiglieri del Partito Democratico.

Un fatto che ha portato ad una impasse davvero imbarazzante.

Costretti tra il voto e l’abbandono della sala, i consiglieri del Pd hanno voluto, per rispetto istituzionale, presenziare e votare, con il paradosso seguente che si è venuto a trovare.

Un voto della maggioranza a favore di un consigliere di minoranza non candidato, con un profilo super-partes e con gli elementi di garanzia richiesti, che ha superato di gran lunga il voto alla consigliera Minore che non ha ricevuto neanche il voto unanime della minoranza.

Il primo votato ha rinunciato e a quel punto, regolamento alla mano, il Presidente Tigano ha dovuto rimandare alla Segretaria Generale una scelta sul da farsi.

Noi chiedevamo semplicemente un mese o due di ragionamenti e la costruzione di una condivisione sulla candidatura che la minoranza non ha avuto né con noi né al suo interno.

Il Presidente poteva essere il Presidente di tutti, se solo la minoranza avesse voluto condurre una partita di coesione tra le forze politiche.

Al Consigliere Tigano la responsabilità di questo brutto arbitraggio.

Davide Lo Duca
Capogruppo PD

Riccardo Brezza
Segretario cittadino PD

Un percorso di rigenerazione urbana

Verbania_MadonnaDiCampagnaNella serata di Consiglio Comunale di ieri si è dato inizio ad un percorso di rigenerazione urbana.

Il clima ormai troppo teso nel quale buona parte della minoranza ha deciso di concentrare i propri sforzi si è dovuto vivere anche su un aspetto importante come la riqualifica di Via Madonna di Campagna.

Un percorso nato da mesi, ampiamente condiviso in commissione urbanistica ed aperto al quartiere di Verbania Ovest, ha rischiato di essere fermato dalla volontà di quasi tutti i consiglieri di minoranza di abbandonare l’aula.

Due ore a discutere di legittimità dell’atto nonostante la piena disponibilità del segretario generale ad offrire gli elementi di certezza normativa.

Va detto che non tutta l’opposizione si è prestata al gioco facile della protesta a tutti i costi e responsabilmente alcuni consiglieri di minoranza hanno permesso il dibattito sulla futura scelta urbanistica e affrontato la votazione.

Il progetto prevede di offrire una doverosa dignità all’ingresso del cimitero di Suna, lo spostamento del sedime di Via Madonna di Campagna tra cimitero e questura e la creazione di parcheggi intorno alla questura.

Prevede inoltre quanto questa sera abbiamo approvato: la pista ciclabile tra cimitero e parcheggio del liceo Cavalieri, la riqualifica del parcheggio della scuola, la rivalorizzazione del verde di fronte al campo di calcio e, chiave di volta del progetto, l’abbattimento della casa ex-Squassoni già alla fine di luglio.

Gruppo Consiliare PD Verbania

Uscita dalla maggioranza di Sinistra Unita

unioni civiliL’uscita dalla maggioranza di Sinistra Unita palesa tristemente una  rottura che era nell’aria dai primi passi di questa nuova amministrazione.

Il Consigliere Di Gregorio ha elencato settimana scorsa in Consiglio Comunale gli orizzonti che il gruppo aveva indicato durante la prima adunanza di consiglio e ha rilevato grandi distanze dalle scelte dell’amministrazione e della maggioranza.

Eppure come gruppo, nei mesi passati, della proposta non abbiamo ricevuto nulla mentre abbiamo solo osservato lo smarcamento progressivo che Sinistra Unita segnava rispetto all’operato dell’amministrazione ed alle posizioni della maggioranza.

Critiche che lo stesso gruppo ha mosso in seno agli incontri di maggioranza chiedendo continui passi indietro all’amministrazione.

In quegli spazi si sono evidenziati punti di vista lontani tra loro, ma la maggioranza ha sempre fatto notare come mancasse una proposta operativa relativa alle proiezioni politiche disegnate da Sinistra Unita.

Certo dispiace la fine di una intesa che sembrava recuperata durante la campagna elettorale. Dispiace che un percorso quale quello di un centro sinistra unito si dimostri ogni volta più complesso.

Le tante anime che abitano la sinistra faticano a trovare una intesa che duri nel lungo periodo e questo mette a rischio le capacità di dare una risposta concreta ai bisogni dei cittadini.

Non ci resta quindi che prendere atto della fine di un percorso e salutare un gruppo a cui va rispetto, convinti come siamo che la strada della responsabilità del governo della Città sia fatta di scelte  concrete rispetto alle quali confermiamo l’ascolto di quanto dovesse giungere da Sinistra Unita.

Gruppo Consiliare PD Verbania

Riflessioni a seguito del Consiglio Comunale del 29 aprile

TARIIl Consiglio Comunale di mercoledì 29 aprile porta con se’ importanti elementi.

Vogliamo ringraziare innanzitutto il Presidente Diego Brignoli che ha voluto iniziare il Consiglio Comunale ricordando le vittime della disperazione nel Mediterraneo, la grave ingiustizia della morte di Giovanni Lo Porto e la terribile tragedia che ha colpito il Nepal e provocato migliaia di vittime, inclusi nostri connazionali.

La proposta del PD di promuovere il sostegno alla tragedia nepalese ha avuto un sostegno compatto e forte di tutto il Consiglio e questo è stato un momento simbolico importante. Speriamo la città voglia esprimere la stessa solidarietà donando, ai fondi che si stanno strutturando per la ricostruzione, un contributo economico perché il Paese al più presto si possa rimettere in piedi.

Centrale nel corso dei lavori è stata la votazione del PD e della maggioranza a sostegno della riduzione delle tariffa sui rifiuti, la TARI, attuata dall’Amministrazione.

Silvia Marchionini e  Cinzia Vallone hanno promosso in questi mesi un lavoro difficile perche’ Verbania recuperasse quella centralita’ perduta negli anni di centro destra e di commissariamento nel processo della raccolta differenziata nella Provincia.

ConserVCO e la raccolta differenziata sono asset importanti per il territorio, capaci di divenire sempre più centrali nelle politiche di rilancio dell’economia, ma ciò non puo’ prescindere da una forte sostanza del Comune di Verbania nei processi e una chiara volontà di attuare altre nuove piccole-grandi rivoluzioni, come lo sono state il porta a porta e il sacco conforme.

All’opera di riduzione delle tariffe oggi si affianca un primo esperimento, quella della fabbrica del materiale, che punta a potenziare il Plush come piattaforma ecologica capace di produrre nuove occasioni di crescita.

Il futuro verso il rifiuto zero è affascinante e complesso.

Passo dopo passo, piccole-grandi rivoluzioni dopo l’altra, ci arriveremo.

Oggi premiamo una logica di equita’ e di vicinanza ai cittadini e ai commercianti colpiti dalla crisi. Un segno chiaro, univoco. La riduzione di complessivi 290.000 euro di costi che significhera’ qualcosa meno per le famiglie e significative riduzioni per i commercianti.

Puntiamo su una citta’ piu’ pulita, che sappia rilanciare il suo turismo e da qui noi, Partito Democratico, Maggioranza, al fianco dell’Amministrazione, orgogliosamente, intendiamo partire.

Riccardo Brezza
Segretario PD Verbania
Davide Lo Duca
Capogruppo PD Verbania

Riflessioni sulla forma partito: un contributo di Enrico Borghi

On. Enrico Borghi
On. Enrico Borghi

La discussione che si è aperta nel Pd sulla legge elettorale, a seguito della accelerazione imposta dal segretario, rischia di scontare un tasso di strumentalismo talmente elevato da non far cogliere il
punto vero in campo, che è quello delicatissimo del futuro della democrazia italiana.
Vi è fra di noi chi attribuisce alla riforma elettorale un compito quasi palingenetico. In realtà, occorrerebbe ritornare al concetto di “funzionalità” della legge elettorale, lo stesso concetto che indusse il costituente nel 1946 a non inserire nella carta fondamentale il sistema elettorale proporzionale allora in uso.
La legge elettorale, in altri termini, è lo strumento funzionale all’articolazione di due essenziali perni della democrazia: la rappresentanza e la governabilità.
Spetta a chi ha il compito della sovranità popolare, e cioè al Parlamento, articolare in rapporto ai momenti storici tale strumento, lungo l’asse che lega queste due polarità.
Per evidenti motivi di carattere storico, l’immediato dopoguerra vide il pendolo oscillare in direzione della rappresentanza, ma fu lo stesso De Gasperi ad avvedersi dei limiti strutturali di un meccanismo elettorale che -tutto fondato sulla logica coalizionale e sulla assoluta proporzionalitàrendeva il governo prigioniero del frazionamento della propria base parlamentare.
La risposta di De Gasperi, ovvero una correzione maggioritaria che riposizionasse l’asse della democrazia più a favore della governabilità, fu la cosiddetta “legge truffa” che nel 1953 non scattò per poco, e che venne immediatamente rimessa nei cassetti insieme con l’oblio del leader democristiano, aprendo la strada alla democrazia dei partiti e poi al consociativismo che tanto peso ha avuto nella storia d’Italia e nelle sue dinamiche sociali, istituzionali ed economiche.
Il tema venne poi ripreso nel crepuscolo finale della Prima Repubblica, con l’incidere tumultuoso dei referendum Segni che portarono a far accettare il maggioritario a furor di popolo ad una classe politica ontologicamente proporzionalista, dentro la logica del “Mattarellum” che coniugava governabilità con rappresentanza mediante un mix adeguato di collegi uninominali maggioritari e di riserva per il cosiddetto “diritto di tribuna” anche alle forze minori.
Il “Porcellum” del 2005 riuscì a far scadere all’indietro complessivamente gli equilibri, riuscendo nel raro esercizio di non assicurare la governabilità andando contemporaneamente scapito della rappresentanza, oltre che della libera scelta degli eletti da parte degli elettori.
E quindi siamo arrivati all’oggi.
Dentro la compressione del pendolo tra rappresentanza e governabilità, una cosa sfugge e a mio avviso risulta essere essenziale.
Nella cosiddetta Prima Repubblica, non era il meccanismo della legge elettorale ad assicurare l’equilibrio politico e la qualità della democrazia. Ma era la modalità con la quale la democrazia si organizzava nelle sue forme rappresentative, e cioè i partiti.
I partiti, in altri termini, erano una sorta di “terreno trascendente” nel quale si collocavano le logiche della rappresentanza, dello scontro, della sintesi e della mediazione che solo dopo si trasferivano sul piano istituzionale.
Per questo, i congressi di partito erano il luogo decisivo per la formazione delle scelte e delle classi dirigenti. Per questo, quando la Dc andava a congresso l’Italia si fermava una settimana.
Oggi non è più così. La stessa idea della democrazia rappresentativa è in crisi, anche a seguito della sclerotizzazione dei suoi processi di autoriforma che hanno determinato dapprima la nascita del partito-azienda e successivamente il prorompere del non-partito di Grillo fondato sul concetto del superamento della democrazia rappresentativa con la democrazia diretta, mediata esclusivamente dalle nuove tecnologie.
Per questo, il cuore del problema, e cioè il futuro della democrazia, della sua qualità, della sua espansione o regressione, non sta nella legge elettorale. Ma sta nella forma partito. E cioè in quale modo si intenda dare attuazione, dopo 70 anni, all’articolo 49 della Costituzione, e cioè stabilire come si possa concorrere nella società liquida e nell’era del potere cieco di mercati, della perdita della sovranità statuale e della crisi della rappresentanza alla determinazione della politica nazionale mediante l’associazione in partiti e l’utilizzo del metodo democratico.
Non è una domanda banale. Perchè non possiamo attribuire ad uno strumento funzionale, una legge elettorale, una risposta che è tutta e squisitamente di natura politica.
In altri termini, la qualità della nostra democrazia futura non sarà data dalla modalità di funzionamento di questa o quella legge elettorale, ma da come risponderemo a due domande  fondamentali: ha ancora senso la democrazia rappresentativa? E se sì, come?
Renzi coglie, dentro la riforma dell’Italicum, l’antica suggestione ed esigenza degasperiana: la democrazia, per funzionare, ha bisogno di essere decidente.
E quindi il Parlamento deve essere luogo della decisione, oltre che della rappresentanza e della mediazione. Da qui la sua proposta, che può essere condivisibile o meno, ma che ha un impianto e una filosofia circolare, che si sposa con la riforma costituzionale in atto.
Serve a poco alimentare paure, o suggestioni di possibile regressione democratica. Non potrà mai esserci nessuna legge elettorale democratica che possa impedire ad un popolo di eleggersi un dittatore. Adolf Hitler non arrivò alla cancelleria annullando le elezioni politiche federali del 5 marzo 1933, ma vincendole trionfalmente giungendo primo in 33 su 35 circoscrizioni!
Il problema è il carattere della democrazia, il suo ethos, non lo strumento funzionale con il quale essa si esercita e si esplica.
Perchè noi potremmo anche trovare la legge elettorale sulla quale tutto il Pd, miracolosamente e improvvisamente, si compatta. Ma non potremmo poi sfuggire ad un altro bivio.
E cioè: come si selezionano le candidature? Dal basso o dall’alto? Con il partito delle primarie o il partito delle tessere? Con il condizionamento decisivo dei media (e di chi li controlla) o con l’inquinamento da parte delle logiche feudali con cui molti territori si sono riorganizzati?
E quali sono gli strumenti di garanzia, di controllo, di equilibrio all’interno di un partito, e dei partiti, in un’era nella quale il Pd è rimasto l’unico (l’ultimo?) partito con uno statuto democratico, una scalabilità, un radicamento territoriale, un presidio sull’intero territorio nazionale, una militanza reale e non artificiale.
Il partito politico per come lo abbiamo conosciuto, e cioè l’evoluzione del notabilato ottocentesco verso un soggetto in grado di assorbire dentro di sé la maggiore complessità sociale del corpo elettorale, e quindi fare dentro di sé la mediazione in grado di essere colta e accettata dalla società, non esiste più.
La “ditta” si è infranta su questi scogli.
E se vogliamo evitare che il tentativo, ormai sempre più evidente, di archiviare definitivamente la democrazia rappresentativa (portata avanti a colpi di maglio prima con le polemiche sulla Casta, poi sul finanziamento pubblico ai partiti e ora sulle varie questioni morali) riesca, sarà bene concentrarsi di più su questi aspetti, anziché sui tatticismi di una legge elettorale alla quale non possiamo attribuire il compito di sganciarci da responsabilità che sono solo nostre, visto che ci chiamiamo democratici.

Enrico Borghi