Ci vuole un PD di coraggio e speranza

Il Pd è a una svolta: o cambia o muore. Il sogno di governare si è trasformato nell’incubo della sconfitta umiliante, appena alleviata dalla rielezione alla Presidenza della Repubblica di Giorgio Napolitano, che offre, se si vuole, il tempo necessario a ricostruire un PD diverso da quello fino ad ora conosciuto.
Le ragioni della disastrosa fine della segreteria di Bersani (che nella sua drammaticità, anche umana, assomiglia “alla paura di tirar il calcio di rigore”) le diranno gli storici (e un po’ forse gli psicanalisti!) ma le macerie dell’attuale PD appartengono innanzitutto a chi lo ha diretto (e agli oltre cento grandi elettori, “traditori”) e dobbiamo sentirci partecipi dello sfacelo e dell’amarezza, solo per costruire una forza popolare pragmatica.
Si parte da noi stessi (perchè facciamo politica?con quale valori?) e l’inizio è una nuova dirigenza di persone animate da spirito di servizio, e non dalle appartenenze (la superata distinzione fra cattolici e laici) e dalla solidarietà futura per le urgenti riforme.
Diamo fondamenta ad un partito che sembra non averne più: una posizione unitaria che diventa un progetto dirigente deciso da un congresso entro l’estate, e la convocazione degli iscritti nella nostra provincia, per riconquistare la fiducia: concretezza e una chiara prospettiva senza tatticismi.
Da partito disperato possiamo diventare…ispirati: parlando al cuore dei cittadini smarriti per riappropriarci la voglia, e la fatica, di risolvere i problemi: come non sentirsi in sintonia con gli italiani sfiniti da questa crisi (proponiamo convinti la riduzione del numero dei parlamentari, una legge elettorale “decente”, più sobrie indennità)? E’ tempo di governare questo presente, di emergenze continue:
a) La disoccupazione (giovanile soprattutto), la bassa occupazione femminile (a 50 anni dalla scuola media obbligatoria il 30% di ragazzi “neet” (nè studenti né lavoratori), è uno schiaffo per una potenza europea) pretendono politiche attive del lavoro (reddito di inserimento e fondi per gli ammortizzatori sociali). Ogni circolo del pd può elaborare “le possibilità di occupazione e innovazione” dei territori, da mettere in Rete come utile proposta per le prossime elezioni politiche e amministrative.
b) Famiglie più povere: la crisi dei consumi (da scongiurare l’iva al 22%!), avviare progetti di “case sociali”, aumentare la mobilità sociale, è ciò che ci deve ossessionare e guidare con forza nella lotta agli sprechi, ai privilegi, e introducendo un massimo agli stipendi dei manager pubblici.
c) L’impresa piccola che chiude (e senza correzioni la Tares sarà mortale!) è una sconfitta per la società e ogni sforzo deve portare alla crescita della produzione, ad investire sui talenti (in campo ambientale, culturale, scientifico) partendo dallo snellimento della macchina burocratica (attorno al cittadino e non agli adempimenti).
Dalla determinazione di queste risposte (ben delineate dalla relazione dei “saggi” al Quirinale) rinasce la passione dell’amministrare: immaginare, praticare le politiche pubbliche, vera sfida per l’eletto dal popolo; la stagione “del fare ciò che serve” deve pur arrivare, dopo 20 anni di rivoluzioni annunciate!!! O avremo l’energia, l’umiltà, di star davanti nelle idee, e farci inseguire, a testa alta e schiena diritta, attuando la Costituzione, recuperando il coraggio dei partigiani di 68 anni fa, o…non c’è futuro. Mettiamoci all’opera, adesso: “che serve aver le mani pulite se le teniamo in tasca?” (don Lorenzo Milani).
Flavia Filippi e Silvia Marchionini

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