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72° Anniversario della Battaglia di Megolo

beltrami capitanoLa Città di Omegna, il Comune di Pieve Vergonte, il Comitato Provinciale ANPI del Verbano Cusio Ossola  invitano al 72° Anniversario della Battaglia di Megolo, (cliccando a questo link il manifesto con il programma), nel ricordo del sacrificio dei partigiani caduti a Megolo il 13 febbraio 1944
Carlo Antibo, Filippo Maria Beltrami (Medaglia d’Oro al Valor Militare), Bassano Paolo Bressani, Aldo Carletti, Gianni Citterio (Medaglia d’Oro al Valor Militare), Angelo Clavena, Bartolomeo Creola, Antonio Di Dio (Medaglia d’Oro al Valor Militare), Cornelio Gorla, Paolo Marino, Gaspare Pajetta (Medaglia d’Argento al Valor Militare), Elio Toninelli.

Venerdì 12 Febbraio 2016
Pieve Vergonte – Centro Culturale Massari ore 20,30 – Presentazione del Volume “Compagni” da parte dell’autrice, Elvira Pajetta, intervistata da Marco Travaglini.
A seguire: dibattito “La Dignità della Politica ieri e oggi”

Sabato 13 Febbraio 2016 Anniversario della Battaglia.
Cireggio – Chiesa Parrocchiale ore 9,30 – Santa Messa in suffragio dei Caduti omaggio floreale al Monumento al “Capitano” Filippo Maria Beltrami;
Omegna – Via De Amicis 7 ore 11,00 – cerimonia di intitolazione dell’Istituto Comprensivo di Omegna al “Capitano” Filippo Maria Beltrami Saggio Musicale degli studenti della Scuola Secondaria di Primo grado;
Megolo – Chiesa di San Lorenzo ore 18,00 – Santa Messa in suffragio dei Caduti;
Pieve Vergonte – Centro Culturale Massari ore 21,00 – Spettacolo Teatrale “Limpida è la notte” della Compagnia “Le Orme”, in collaborazione con Libera Vco

Domenica 14 Febbraio 2016
Omegna – Chiesa Parrocchiale ore 9,00 – Santa Messa in suffragio dei Caduti con la partecipazione del laboratorio di Canto Uni3 di Omegna;
ore 10,00 – Piazza F. M. Beltrami Partenza del corteo per le vie cittadine e omaggi floreali ai monumenti ai Caduti, con accompagnamento della Banda Musicale di Omegna;
ore 11,00 – Cinema Teatro Sociale Saluti delle Autorità Orazione Commemorativa ufficiale del Prof. Gianni Oliva, storico e studioso del Novecento italiano, Canti partigiani del Gruppo “Noi Cantastorie”;
Megolo, Piazza San Lorenzo ore 14,30 – Ritrovo Presso La Casa-Museo, ore 15,00 – Commemorazione ufficiale, visita al Cimitero in corteo e deposizione della corona al cippo del Cortavolo. Presterà servizio la Banda di Fomarco.
Presso la Casa Museo sarà esposta documentazione sulle varie edizioni del libro Il Capitano di Giuliana Gadola Beltrami, nel 70° anniversario della prima edizione Con il Patrocinio del Consiglio Regionale del Piemonte e del Comitato della Regione Piemonte.

Gestione profughi ad Omegna: no a scontri, risolviamo i problemi

Omegna 1GESTIONE PROFUGHI: NON DEVONO VINCERE LA DEMAGOGIA E LO SCONTRO SOCIALE, MA LA VOGLIA DI RISOLVERE I PROBLEMI E DI MIGLIORARE.

La questione dei profughi a Omegna, dopo l’emissione di un bando pubblico per la gestione completa del centro di Crusinallo da parte dell’ amministrazione Comunale, tra Gennaio e Febbraio subirà una nuova modifica.
Come sappiamo, il bando è stato vinto, in maniera trasparente, da una cooperativa diversa da quella che oggi ha in carico il centro e questo, se da una lato porterà nelle casse comunali un canone fisso di circa € 85.000 / anno, dall’altro comporterà una serie di cambiamenti sui quali crediamo si debba ragionare:

la gestione del centro di Crusinallo passerà di mano, facendo scendere il numero dagli attuali 68 profughi a 50;

il centro in via De Angeli continuerà con l’attuale gestione privata dei 30 profughi, dove il Comune non può dire alcunché, visto che gli accordi sono diretti tra Cooperativa e Prefetto;

Da Gennaio ha aperto un nuovo centro gestito da privati presso l’Ex albergo Vittoria, dove, anche qui, il Comune non avrà diritto di parola e dove si prenderanno in carico altri 40 profughi.

Di fronte a queste novità il Centro Destra Cittadino si è mobilitato per fomentare demagogia e scontro sociale invitando una televisione nazionale sul tema e dando della Nostra Città un’impressione del tutto distorta, danneggiando quel rilancio d’immagine e anche turistico, che chi governa, insieme ai propri cittadini, sta portando avanti da tempo. Per qualcuno forse quanto visto è stato un successo personale: noi diciamo che vedere infangare Omegna è stato un dolore, anche perché, oltre alle falsità che gli hanno permesso di dire, si sono sfruttate persone con grosse difficoltà, che il Comune e gli enti Sociali seguono e conoscono da tempo.

Il Partito Democratico vuole invece essere attore di concreto miglioramento e intende esprimere alcune preoccupazioni e proporre alcune soluzioni.

Assodato che la gestione di 120 Profughi in una città di 16.000 abitanti non deve e non può spaventare nessuno e convinti del fatto che anche altri Comuni della Provincia dovrebbero essere più solidali con quanto sta accadendo, come Partito Democratico Circolo di Omegna confermiamo l’appoggio alla scelta dell’amministrazione di contribuire ad aiutare chi oggi scappa da guerre e fame, evidenziando peraltro come sia assurdo che una Città non possa avere potere decisionale sulla scelta dell’utilizzo di un edificio (anche privato) nel suo centro storico.

Dall’altra parte però pensiamo anche che quest’ultima fase poteva essere gestita in maniera diversa, sforzandosi di trovare una soluzione che non compromettesse un importante opportunità di sviluppo come di fatto è avvenuto, così come pensiamo di debba fare uno sforzo più incisivo per favorire nuovi insediamenti turistici in Città.

E per questo chiediamo:
che l’amministrazione continui a mantenere un presidio attento e presente sulle gestioni dei 3 centri, pur se gestiti integralmente dai privati con rapporto diretto con la Prefettura: per la sicurezza dei nostri cittadini e per rispetto dei profughi stessi;
creando condizioni sempre più agevoli e semplici affinché i richiedenti asilo possano eventualmente essere abilitati come volontari a favore di interventi di decoro pubblico;
collaborando fin d’ora insieme ai soggetti privati coinvolti nella gestione dei profughi, sulla possibilità di trovare strade utili allo sviluppo Turistico di Omegna, questo perché una struttura strategica come l’Ex Hotel Vittoria, non possiamo e non dobbiamo perdere l’occasione di farla diventare una struttura recettiva non appena possibile;
che si sensibilizzi il Prefetto a cercare, per quanto difficile, soluzioni che portino per il futuro a una più equa distribuzione dell’accoglienza sul territorio Provinciale nel rispetto di una Città, la nostra, che ha già dato molto sul tema;
che si destinino gli 85.000 euro annui che il Comune incasserà grazie all’accoglienza dei profughi: in parte ad ulteriori interventi di sostegno a cittadini bisognosi, in collaborazione col mondo del volontariato e come tanti peraltro già sono svolti dalle varie associazioni cittadine e dal CISS come le risorse destinate dal Comune;
in parte per iniziare un percorso di agevolazioni fiscali cospicuo a favore dei nuovi insediamenti turistico ricettivi che volessero costituirsi in Città.

Dobbiamo incentivare gli investimenti privati nella Nostra Città e per farlo l’utilizzo di queste risorse deve essere sono l’inizio di quella che riteniamo debba essere una priorità assoluta di quest’amministrazione!

Per quanto riguarda le notizie di questi giorni sulla possibilità di avere un’università islamica a Omegna,crediamo che questo tipo di argomenti devono essere affrontati senza barriere ideologiche, ma è altrettanto vero, che trattandosi di progetti sul futuro di Omegna, nulla può essere dato per certo, senza prima aver condiviso l’idea con la Città e in particolar modo con chi governa.

Dalle prime indiscrezioni che abbiamo avuto modo di leggere e reperire con i Nostri contatti, siamo ben lontani da una presa d’atto e quindi, restiamo in attesa di sapere quale può essere l’opportunità per Omegna, al fine di valutare la bontà del progetto o meno.

Segreteria PD Omegna

REFERENDUM, COSTRUIAMO I COMITATI PER IL SÌ PER UN’ITALIA PIÙ SEMPLICE E PIÙ FORTE

costituzione“Con il voto di ieri della Camera, è stato completato il primo dei due passaggi parlamentari previsti per le modifiche costituzionali.
Si tratta di un rilevante processo di riforma, che modifica diversi articoli della seconda parte della Costituzione e che tornerà in Parlamento per l’ultima lettura per essere poi sottoposto al referendum popolare. In questa direzione, credo che tutte le forze autenticamente riformiste, di varia estrazione ed ispirazione, e i mondi della società civile che credono ad un Paese più moderno, si debbano unire per costruire i Comitati per il Si’ in vista dell’appuntamento elettorale diottobre nel quale i cittadini i saranno chiamati ad esprimersi sulla più importante riforma della nostra Carta Costituzionale dal varo della Repubblica.Sono a disposizione di tutti i cittadini, singoli ed organizzati, che fossero interessati a far parte del Comitato per il Sì e che invito sin d’ora a segnalarmi la loro eventuale disponibilità via mail ainfoenricoborghi@gmail.com. Dobbiamo aprire una grande discussione nel Paese, perché le scelte che stiamo facendo sono importanti per il nostro futuro, e ogni cittadino deve essere informato e consapevole per esercitare il proprio diritto fondamentale di voto su un argomento così delicato. Riforma e partecipazione devono essere i nostri obiettivi“.
Lo dichiara in una nota l’onorevole Enrico Borghi, capogruppo del Pd in commissione ambiente, territorio e lavori pubblici a Montecitorio, che ieri in aula ha votato a favore della riforma costituzionale che ha raccolto 367 voti favorevoli, 194 contrari  e 5 astenuti.

Ecco una sintesi della principale modifiche, sulle quali sarà chiamato ad esprimersi il corpo elettorale.

Fine del bicameralismo paritario. Una sola Camera, quella dei deputati, darà la fiducia al Governo e, salvo alcune materie, svolgerà la funzione legislativa esclusiva. Il Senato sarà più snello e avrà competenze solo su leggi costituzionali, leggi sugli Enti locali e trattati internazionali.

Iter legislativo semplificato. L’iter di approvazione di una legge avrà tempi certi e ridotti. Meno decreti legge e priorità ai disegni di legge del Governo considerati essenziali per attuare il programma.

Il nuovo Senato sarà composto da 100 senatori (contro i 315 attuali), di cui 95 eletti e 5 nominati dal Presidente della repubblica. Tra i 95 senatori eletti, 74 saranno votati da parte dei consiglieri regionali e provinciali tra i consiglieri stessi, mentre 21 saranno votati, sempre dai consiglieri regionali e provinciali, trai i sindaci. I 100 senatori non  avranno indennità

Nuovo rapporto tra Stato e Regioni, soprattutto per quanto riguarda le rispettive competenze legislative. L’autonomia delle Regioni sarà legata alla correttezza dei bilanci: sarà maggiore per quelle con i conti a posto mentre in caso di accertato grave dissesto finanziario, Regioni ed enti locali potranno essere commissariati dallo Stato centrale.

Aboliti Cnel e Provincie. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro e le Provincie vengono definitivamente cancellati dalla carta costituzionale.
Novità sui referendum.  Modificati i quorum di validità del voto per i referendum abrogativi: il quorum resta la maggioranza degli aventi diritto se la proposta di abrogazione è presentata da 500.000 firme, mentre scende alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei Deputati se la proposta è presentata da 800.000 firme. Introdotta anche la possibilità di indire referendum popolari propositivi e d’indirizzo e altre forme di consultazione popolari oggi non previsti costituzionalmente. La legge ne indicherà poi i metodi concreti di attuazione.

Leggi di iniziativa popolare. I regolamenti parlamentari dovranno garantire forme e tempi certi sia della discussione che della deliberazione sulle proposte di legge di iniziativa popolare, che dovranno essere presentate da 150.000 elettori.

Vincolo di trasparenza in costituzione. Inserito nell’articolo 97 della Costituzione l’obbligo di assicurare il buon andamento, l’imparzialità e la trasparenza dell’amministrazione.

Elezione Presidente della Repubblica. Modificato il quorum per la sua elezione:  è richiesta la maggioranza dei due/terzi del parlamento in seduta comune (ma senza i delegati regionali) nei primi tre scrutini, dei tre/quinti dal quarto al sesto scrutinio e la maggioranza dei tre/quinti dei votanti dal settimo scrutinio in poi.

Corte Costituzionale. Introdotto il giudizio preventivo di costituzionalità per le leggi elettorali e modificata la modalità di nomina dei giudici costituzionali: tre saranno eletti dalla Camera e due dal Senato.

Tagli ai costi della politica. Eliminati i rimborsi pubblici ai gruppi politici regionali e stabilito un tetto agli stipendi di Presidenti e consiglieri regionali, che dovranno essere pari o inferiori a quello dei sindaci dei Comuni capoluogo di Regione.

“Nelly” e le altre

Nelly
Nelly

S’è spenta, nei giorni scorsi, Nella Galavotti, la partigiana “Nelly” che, durante la Resistenza, non ancora ventenne, combatté nella Brigata Valgrande Martire comandata da Mario Muneghina, il “capitano Mario”.
Il ricordo di lei si accompagna a quello delle donne il cui contributo alla Lotta di Liberazione è stato importante non solo numericamente, ma per le conseguenze, culturali e sociali prima e politiche poi, che ne scaturirono.
L’apporto femminile fu massiccio sin dai primi momenti della lotta partigiana arrivando fino agli ultimi giorni dell’aprile 1945, con la completa liberazione del Paese.
Non è possibile citare cifre che descrivano esattamente quante donne aderirono e si sacrificarono per la Resistenza perché molte di loro, appena conclusa la lotta, ritornarono in pieno alla loro vita familiare e di lavoro, scegliendo l’anonimato.
Stando però ai calcoli di esperti militari si può affermare che le donne che furono impegnate in compiti ausiliari nella Resistenza italiana non furono meno di un milione, mentre, secondo le statistiche ufficiali, le “partigiane combattenti” furono circa 35 mila. Un dato considerevole, secondo il quale ben il venti per cento dei combattenti furono donne.
I ruoli che ricoprirono furono molteplici: dalla partecipazione alle agitazioni nelle piazze alla preziosa e pericolosa attività delle “staffette”, dalla cura e dal rifocillamento di feriti e sbandati alla raccolta di armi, munizioni e indumenti e, infine, alla dura e spesso sanguinosa lotta sulle montagne.
Le donne che parteciparono alla Resistenza, fecero parte anche di organizzazioni come i Gruppi di Azione Patriottica (GAP) e le Squadre di Azione Patriottica (SAP) che agivano nelle città e ,inoltre, fondarono i Gruppi di Difesa della Donna, “aperti a tutte le donne di ogni ceto sociale e di ogni fede politica o religiosa, che volessero partecipare all’opera di liberazione della patria e lottare per la propria emancipazione“.
Così, le donne irruppero sulla scena e scelsero da che parte stare diventando soggetti attivi dei cambiamenti storici. Conquistarono il diritto al voto e lo esercitarono per la prima volta alle elezioni politiche del 2 giugno 1946 per eleggere l’Assemblea Costituente e scegliere con il referendum se l’Italia dovesse rimanere una monarchia o divenire, come accadde, una repubblica.
L’esperienza resistenziale di Nelly e di tutte quelle come lei, è stata determinante per le donne italiane che, dal ’45, si sono battute instancabilmente per il loro coinvolgimento attivo nella vita politica del paese, conquistando diritti legali, economici e politici verso la parità.
Per queste e per mille altre ragioni il debito di riconoscenza che dobbiamo a  Nelly, alle donne e agli uomini che fecero la Resistenza è grande.

Marco Travaglini

Bosnia,l’Europa di mezzo…..l’ultimo libro di Marco Travaglini

travaglini marcoBosnia,l’Europa di mezzo.Viaggio tra guerra e pace, tra Oriente e Occidente” è il titolo dell’ultimo libro di Marco Travaglini, da qualche giorno nelle librerie.
Il volume è edito da Infinito, con la prefazione degli storici Gianni Oliva  e Donatella Sasso. Infinito edizioni è ormai la realtà editoriale italiana più attenta ai Balcani, e in particolare alla Bosnia Erzegovina. Per dimostrarlo, la casa editrice ha preparato un autunno/inverno ad altissimo livello per i lettori appassionati di vicende balcaniche e per chi voglia finalmente avvicinarsi all’argomento.
Il libro di Travaglini è il primo di questa nuova fase. Vent’anni fa finiva la guerra in Bosnia, lasciando cumuli di macerie e tanti, troppi morti. Questo reportage racconta la pace che ha fatto seguito alla guerra in Bosnia Erzegovina. Una pace imperfetta, fatta di prevaricazione e di giustizia negata, di dolore e di speranze strappate via dal disastro di una quotidianità spesso fatta di umiliazioni e privazioni.
Ma narra anche la vicenda di tante persone e la storia di un innamoramento, quello dell’autore per la Bosnia, e di un profondo desiderio di capire non solo le ragioni del conflitto, ma anche la forza enorme che permette al popolo bosniaco di non scomparire.
Marco Travaglini ha scritto un taccuino di viaggio pieno di partecipazione emotiva, attento a cogliere i luoghi, i personaggi, le storie individuali e collettive; ma ha anche scritto un libro pieno di spunti per riflettere sul presente, per comprendere che ogni crisi ha le sue specificità e, insieme, i suoi denominatori comuni. Un bel modo – secondo Gianni Oliva, uno dei più autorevoli studiosi del Novecento –  per fare ‘storia del passato’ facendo contemporaneamente ‘educazione al presente’”. Anche per Donatella Sasso, scrittrice e storica dell’Istituto Salvemini “questo libro costituisce una narrazione unitaria in grado di raccordare il tempo di guerra con il presente, gettando semi di speranza e rinsaldando frammenti di memoria”. Discorso importante perché la guerra di Bosnia ci ha lasciato tante lezioni ma due, attualissime, vanno ricordate. La prima riguarda l’atteggiamento della comunità internazionale: la pace non si mantiene inviando truppe di peace enforcing a occupare un Paese in fiamme; la pace si mantiene intervenendo prima dell’irreparabile, aiutando i Paesi in difficoltà a risollevarsi, disinnescando le tensioni che generano conflitti. La seconda lezione è la propaganda.
Va prestata grande attenzione alle parole e al loro uso, soprattutto da parte di chi ha responsabilità e visibilità pubblica. Gli odi etnici hanno trovato alimento nell’uso disinvolto delle accuse e delle ingiurie. Ci sono analogie inquietanti con i linguaggi dei nostri giornali. Anche per questo “Bosnia, l’Europa di mezzo” è un libro utile, importante che, oltre a  far conoscere e riflettere, aiuta a non dimenticare che vent’anni fa tornavano nel cuore dell’Europa, a qualche chilometro da casa nostra, i campi di concentramento, gli assedi alle città, il genocidio e i profughi. Molte domande sollevate da quelle guerre sono rimaste aperte, e molte lezioni rimangono ancora da capire. Perché le guerre in ex-Jugoslavia non parlavano del loro passato nei Balcani ma del nostro futuro in Europa.

Nagasaki, 9 agosto 1945:il giorno in cui il sole cadde nuovamente sulla terra

nakasakiNagasaki si estende al centro di una lunga baia, che rappresenta il miglior porto naturale dell’isola di Kyūshū, nel sud del Giappone. Il suo nome, letteralmente, significa  “lunga penisola”.
Il 9 agosto del 1945 diventò il secondo obiettivo su cui sganciare una bomba atomica. Il bombardiere B-29 Superfortress  dell’aviazione americana (esemplare numero 44-27297, ribattezzato “Bockscar”) portava in pancia “Fat Man” (in italiano “ciccione“). Quel nomignolo era stato assegnato alla Model 1561 (Mk.2), la terza bomba atomica approntata nell’ambito del Progetto Manhattan, il secondo e ultimo ordigno nucleare mai adoperato in combattimento.
In origine non era previsto che la città di Nagasaki finisse nel mirino dell’aereo pilotato dal  maggiore Charles W. Sweeney. Era, come si usa dire, “la seconda scelta”.
L’obiettivo primario era la città di Kokura, non distante da Fukuoka, nella parte settentrionale dell’isola di Kyūshū, sede di un grande deposito di munizioni dell’esercito giapponese.  Ma il cielo era coperto di nubi e la visuale pessima. Così  si optò per l’alternativa e questa portava il nome di Nagasaki. Così la bomba finì  sulle acciaierie Mitsubishi situate poco fuori quella città.
Fat Man” esplose a un’altezza di mezzo chilometro sulla città e sviluppò una potenza di 25 chilotoni, quasi il doppio di “Little Boy” , l’ordigno sganciato dal bombardiere “Enola Gay” che esplose tre giorni prima su Hiroshima.
Ma, dato che Nagasaki era costruita su un terreno collinoso, il numero di morti fu inferiore a quelli prodotti dalla prima bomba. A Hiroshima morirono istantaneamente per l’esplosione nucleare tra le 66.000 e le 78.000 persone e una cifra simile rimase ferita.
Per due volte, in tre giorni, il sole cadde sulla terra.
Un numero elevato di persone persero la vita nei mesi e negli anni successivi a causa delle radiazioni e molte donne incinte persero i loro figli o diedero alla luce bambini deformi.
Il numero totale degli abitanti uccisi a Nagasaki venne valutato attorno alle 80.000 persone, incluse quelle esposte alle radiazioni nei mesi seguenti. La sorte volle che tra le persone presenti a Nagasaki quel 9 agosto di settant’anni fa  vi fossero anche un ristretto numero di sopravvissuti di Hiroshima.
Entrambe città furono rase al suolo. Un disastro che costrinse, meno di una settimana dopo, il 15 agosto 1945, l’imperatore del Giappone Hirohito a presentare agli alleati la resa incondizionata.
Con la firma dell’armistizio, il 2 settembre del 1945, si concluse di fatto il secondo conflitto mondiale. Settant’anni dopo i bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki, due ospedali della Croce Rossa giapponese stanno curando migliaia di persone che continuano a patire le conseguenze di questi attacchi. Secondo fonti ufficiali della Federazione internazionale della Croce Rossa e della Mezza Luna Rossa questi ospedali – nel 2014 – si sono presi cura di 4657 vittime dell’esplosione a Hiroshima e 6030 di quella di Nagasaki. Si calcola inoltre che diverse migliaia di queste persone continueranno ad avere necessità di cure, nei prossimi anni, per le problematiche legate alle radiazioni.
In totale, tra i due centri sanitari sono stati ospedalizzati 2,6 milioni di persone per le conseguenze legate alle radiazioni. Il 63 % dei decessi registrati nell’ospedale di Hiroshima, in funzione dal 1956, sono stati causati da diversi tipi di cancro. Tra questi, il 20 % per cancro al polmone, il 18 % per cancro allo stomaco, il 14 % per neoplasie al fegato, il 7 % per cancro all’intestino e un altro 6 % dai linfomi maligni.
Nell’ospedale di Nagasaki, che cominciò a funzionare nel 1969, i morti per cancro rappresentano, fino a marzo dell’anno scorso, il 56% del totale. Secondo la Croce Rossa, l’incidenza di leucemia tra i sopravvissuti dei bombardamenti fu di quattro o cinque volte superiore rispetto alle persone non esposte alle radiazioni durante la prima decade, e diminuì successivamente. Una contabilità tremenda, eredità diretta di quello che fu l’inizio dell’era del terrore nucleare.
Settanta anni dopo, la memoria di ciò che è stato deve indurre a far sì che nessuno debba più scrivere, di fronte alle atrocità della guerra, quello che il copilota, capitano Robert A. Lewis , annotò sul diario di bordo del bombardiere “Enola Gay” dopo aver verificato con un binocolo gli effetti della bomba sganciata su Hiroshima: “My God what have we done?”, ““Dio mio, cosa abbiamo fatto?”.

Marco Travaglini