Archivi categoria: Scuola e Cultura

Saltano gli sgravi per universitari fuori sede. Altro colpo del Governo alle zone montane

Altro colpo nei confronti dei territori da parte del governo nazionalpopulista di Conte / Salvini / Di Maio.
Dopo il definanziamento del bando periferie, che colpisce numerosi comuni capoluogo (Verbania), e lo “stop” al bando “Sport e periferie” che mette in discussione numerosi investimenti dei Comuni (Domodossola), arriva un’altra doccia fredda che colpisce questa volta le famiglie delle aree più periferiche.

Il governo, infatti, ha deciso di non rifinanziare la detrazione fiscale per gli studenti fuori sede iscritti ad un corso di laurea ubicata in un comune distante da quello di residenza di almeno 100 chilometri prevista dalla legge 205 del 27 dicembre 2017, e ha bocciato tutte le proposte avanzate dal Partito Democratico in tal senso nell’ambito della discussione del cosiddetto “decreto Milleproroghe”.

La misura fiscale, che assicura per i periodi di imposta 2017 e 2018 una detrazione per un importo non superiore a 2.633 euro annui, è stata introdotta dal governo Gentiloni nel corso dell’ultima legge di bilancio della precedente legislatura, e assicura che il requisito della distanza necessario per fruire della predetta agevolazione si intende rispettato anche all’interno della stessa provincia ed è ridotto a 50 km per gli studenti residenti in zone montane o disagiate.

La decisione del governo di calare un colpo di spugna sulla misura viene commentata negativamente dall’onorevole Enrico Borghi, dell’ufficio di presidenza della Camera dei Deputati, che nella scorsa legislatura era stato uno dei protagonisti del dibattito che aveva portato al varo di questo sconto fiscale: “Nell’evidente intento di fare cassa per coprire le mirabolanti promesse elettorali -osserva Borghi- il governo colpisce direttamente studenti e famiglie delle zone montane, che non avranno più la possibilità di alleviare, sia pure in parte, il carico di maggiori costi strutturali derivanti dall’esigenza di andare a studiare nelle Università lontane dai luoghi di origine. Se si pensa che questi oneri servono per coprire misure come la riduzione delle tasse ai ricchi o addirittura i condoni fiscali di cui si sente parlare, si può davvero definire questa decisione una manovra da Robin Hood al contrario. Grazie al governo Conte, dal 1 gennaio studiare all’Università per i ragazzi dei territori montani costerà di più, con una tassa occulta che viene introdotta e che andrà a sommarsi alle altre spese sostenute per il semplice fatto di essere distanti dagli atenei”.

 

Roma, 18 settembre 2018

“La realtà su misura”, incontro a Villadossola sabato 21 aprile

Segnaliamo, sabato 21 aprile 2018, dalle ore 16:30 presso la sala conferenze del Centro Museale ex Cinema a Villadossola, l’incontro sul tema “La realtà su misura“.
Con i nuovi mezzi di comunicazione l’informazione è cambiata enormemente e con essa anche la nostra percezione della realtà: a volte tra fake news, esagerazioni e sciacallaggi politici crediamo esistano dei problemi che in realtà sono smentiti dalla concretezza dei numeri.
Ne discutiamo con Roberto Weber, sondaggista Ixè, Francesco Nicodemo, autore libro Disinformazia e Andrea Dallapina, direttore di Eco Risveglio.
Organizza l’associazione “Ossola porta d’Europa“.

La rappresentazione della realtà attraverso i nuovi e vecchi media, tra verità e mistificazione. Incontro ad Omegna

Lente Digitale: la rappresentazione della realtà attraverso i nuovi e vecchi media, tra verità e mistificazione.
E’ questo il titolo dell’incontro pubblico con Stefano Moriggi (ricercatore all’Università di Milano Bicocca), venerdì 30 marzo 2018, presso la sala “Teresio Piazza” del Forum ad Omegna.
Introduce  e modera Francesco Pesce.
Tra media (e social media) capaci, non solo di rappresentare, ma anche di creare la realtà (e fake news), una serata per approfondire un tema fondamentale per la nostra democrazia.

Serata all’interno del ciclo d’incontri TIC (Temi Importanti della Contemporaneità).
Organizza il circolo del Partito Democratico di Omegna, in collaborazione con i circoli del PD basso Cusio

Stefano Moriggi CHI?  www.stefanomoriggi.it
Ricercatore presso l’Università di Milano Bicocca (dipartimento di Scienze Umane per l’Educazione), principalmente sullo sviluppo di modelli e setting di didattica digitalmente aumentata. Nello stesso ateneo è anche titolare dell’insegnamento di “Teorie e tecniche della comunicazione scientifica in tv” presso il Master di Comunicazione della Scienza e dell’Innovazione Sostenibile
Ha insegnato nelle università di Brescia, Parma, Milano (Statale), Bergamo e presso la European School of Molecular Medicine (SEMM). E’ stato membro della International School for the Promotion of Science, consulente scientifico del Piccolo Teatro di Milano e ha collaborato con diversi atenei stranieri (in particolare con la Georg-August Universität Göttingen e l’University College of London, UCL).
Periodicamente “appare” in tv e alla radio. Dialoga spesso di scienza e tecnologia con Gianluca Nicoletti dai microfoni di Radio24 a Melog e, tra le esperienze televisive, oltre tre anni passati a parlare di invenzioni e scoperte scientifiche il sabato sera su Rai 3 nella trasmissione “E se domani. Quando l’uomo immagina il futuro”.
Autore di alcuni libri:
Le tre bocche di Cerbero, con E. Sindoni (Bompiani, 2004);
Perché esiste qualcosa anziché nulla? Vuoto, Nulla, Zero, con P.Giaretta e G.Federspil (Itaca 2004);
Perché la tecnologia ci rende umani, con G. Nicoletti (Sironi, 2009);
Connessi. Beati quelli che sapranno pensare con le macchine (San Paolo, 2014);
School Rocks! La scuola spacca, con A. Incorvaia (San Paolo, 2011), con prefazione rap di Frankie Hi-nrg.

http://www.stefanomoriggi.it/

Oltre 2 milioni dal Governo alle scuole del VCO

scuolaE’ stato pubblicato ieri sulla gazzetta ufficiale il decreto del Governo che stanzia le risorse per le province per interventi sull’edilizia scolastica.
Delle 49 province italiane che hanno fatto richiesta il Vco risulta essere la seconda per stanziamento: 2.349.000 euro, dietro solamente alla Provincia di Rimini che ha ottenuto 4.549.000 euro.
A beneficiare di questi interventi saranno i lavori, di prossimo avvio, del nuovo Istituto Alberghiero “Maggia” per la quota parte finanziaria già coperta da mutuo presso la Cassa Depositi e Prestiti che, grazie a questo provvedimento, sarà ininfluente, per egual cifra, in termini di rispetto del Patto di Stabilità da parte della Provincia per il corrente anno.
Esprimono grande soddisfazione il Presidente della Provincia Stefano Costa e l’on. Enrico Borghi.
Ancora una volta il Governo Renzi ha dimostrato grande sensibilità e attenzione per le esigenze dei territori periferici come quello del Vco – commenta il parlamentare ossolano – le risorse disponibili permetteranno alla Provincia di intervenire su problematiche importanti che, finalmente, potranno essere risolte.”
“E’ un aiuto concreto in un momento di estrema difficoltà, non risolutivo ma che sicuramente lascia ben sperare per una possibile quanto indispensabile ‘quadratura del cerchio’ in termini di bilancio 2016”.

25 dicembre 1914: il giorno in cui la guerra si fermò per la “tregua di Natale”

militari guerra Per un giorno non si combatteVenerdì 25 dicembre 1914, Belgio, settore settentrionale del fronte occidentale, trincee delle Fiandre, sud di Ypres: fa freddo ed è il primo Natale della Grande guerra.
Nelle trincee contrapposte si affrontano tedeschi da una parte, francesi e inglesi dall’altra. La guerra è iniziata da cinque mesi e i combattimenti si sono rapidamente trasformati in una logorante guerra di posizione, anche se molti sperano ancora che il conflitto si possa risolvere in pochi mesi.
Le cose andarono diversamente e intorno alla città belga di Ypres si combatté ininterrottamente per tutti i cinque anni della Prima Guerra mondiale.
Soltanto in questo luogo al confine con la Francia, tra il 1914 e il 1918, persero la vita 500 mila inglesi e altrettanti tedeschi. Una gran parte dei caduti di quella guerra che portò alla morte oltre 9 milioni di combattenti, a cui vanno aggiunte oltre 7 milioni di vittime civili. Nel pieno di questo orrore, nella notte di Natale del 1914,  avvenne qualcosa di impensabile: ci fu una tregua.
Non fu ordinata per un accordo tra i comandi dei due schieramenti, fu una tregua spontanea dichiarata dai soldati francesi, inglesi e tedeschi.
La notte di Natale qualcuno nelle trincee si mise a intonare canti della tradizione natalizia e i soldati scoprirono che, pur con parole diverse, si trattava delle stesse melodie. Le luci delle candele furono poste sui bordi delle trincee.
Qualcun altro propose di smettere di sparare.
Sorprendentemente la proposta fu accettata, e i soldati sui due fronti uscirono allo scoperto e si incontrarono nella “terra di nessuno”.
Si parlarono, si strinsero la mano, si abbracciarono, fu celebrata una Messa. La mattina di Natale seppellirono i caduti delle due parti e ci fu una funzione funebre. I soldati fumarono e cantarono insieme, talvolta si scambiarono auguri e doni, capi di vestiario e bottoni delle divise, cibo, tabacco, fotografie degli amici, delle famiglie e ricordi del tempo di pace.
Quanto fu ampia la tregua? Difficile dirlo ma è certo che parecchie centinaia di soldati nella zona intorno a Ypres vi presero parte. Quello che accadde il giorno di Natale non fu il diffondersi rapido di un sentimento di buona volontà lungo le linee, ma piuttosto una serie di iniziative individuali intraprese in luoghi e tempi diversi. In altre parti del fronte occidentale non ci fu alcuna tregua.
E nella maggior parte dei casi il “cessate il fuoco” durò soltanto due o tre giorni, mentre in altri casi proseguì fino al nuovo anno. Le lettere arrivate fino a noi raccontano, ad esempio, che fu più facile per i soldati inglesi entrare in contatto con i reggimenti composti da soldati sassoni o bavaresi.
I prussiani furono più restii ad accettare la tregua, e talvolta non la rispettarono, aprendo il fuoco sui soldati nemici .
Un caporale tedesco,con il compito di staffetta porta ordini, che aveva passato la notte nei sotterranei di un’abbazia vicino a Ypres, quando seppe che alcuni dei compagni avevano stretto la mano agli inglesi, scrisse nel suo diario: «Dove è andato a finire l’onore dei tedeschi?».
Il diario sarebbe stato pubblicato alcuni anni dopo, con il titolo Mein Kampf, e il nome del suo autore era Adolf Hitler.
La reazione dei comandi superiori fu furiosa.
Avevano previsto tutto, eccetto l’imponderabile, e cioè il fattore umano. Il nemico, l’uomo che quei soldati avevano davanti, e che in quella mattina di Natale guardavano negli occhi, era in tutto e per tutto  riconosciuto come uno di loro.
Così si svolse un episodio di umanità in mezzo agli orrori della guerra, fonte di meraviglia e di ispirazione per molti.
Ma tra questi  non  figurava il caporale Adolf.

Marco Travaglini

A 25 anni dalla morte di Giancarlo Pajetta: un ricordo di Marco Travaglini

Giancarlo Pajetta
Giancarlo Pajetta

25 anni fa, il 13 settembre 1990, si spegneva nella sua casa romana  Giancarlo Pajetta, il “ragazzo rosso”, partigiano, parlamentare della Repubblica fin dalla Costituente, dirigente di primo piano del Partito Comunista Italiano. Da quel  settembre di 25 anni fa riposa in Val d’Ossola, nel cimitero di Megolo , frazione di Pieve Vergonte, nella tomba che ospita tutta la famiglia Pajetta, dai fratelli Gaspare ( morto giovanissimo in battaglia proprio a Megolo, durante la Resistenza) e Giuliano, a mamma Elvira e papà Carlo. Nell’occasione l’Amministrazione Comunale di Pieve Vergonte ha organizzato, alle 18 di oggi, un evento per ricordarlo presso il piccolo camposanto di Megolo. Davanti ad una piccola folla hanno preso la parola la sindaca di Pieve Vergonte, Maria Grazia Medali, l’ultimo segretario provinciale del PCI (cioè chi scrive), l’On. Enrico Borghi, parlamentare del Pd, e una dei figli di Pajetta, Gaspara.  Una cerimonia semplice ma toccante, per ricordare uno dei principali protagonisti della lotta antifascista e della storia repubblicana del dopoguerra. Un suo libro autobiografico è proprio intitolato Il ragazzo rosso. Fin da ragazzo, Gian Carlo Pajetta – figlio di Carlo, avvocato, e di Elvira Berrini, maestra elementare – aveva cominciato l’attività politica che gli valse, a 14 anni, mentre frequentava il Liceo-ginnasio Massimo D’Azeglio di Torino, l’espulsione “da tutte le scuole del Regno” per tre anni. Era il febbraio del 1927. Come non bastasse, Gian Carlo Pajetta venne arrestato e rinchiuso, quando non aveva ancora 17 anni, nella sezione minorile delle carceri giudiziarie di Torino. Il 25 settembre del 1928, il Tribunale Speciale lo condannò a due anni di reclusione, che scontò nelle carceri di Torino, Roma e Forlì. Nel 1931 l’espatrio clandestino in Francia, dove il “ragazzo rosso” assunse lo pseudonimo di “Nullo”, diventando segretario della Federazione giovanile comunista, direttore di Avanguardia e rappresentante italiano nell’organizzazione comunista internazionale. In quel periodo Gian Carlo Pajetta compì numerose missioni clandestine in Italia, fino a quando, il 17 febbraio del 1933, venne arrestato a Parma. Un anno dopo il Tribunale Speciale fascista lo condannò a 21 anni di reclusione; Pajetta ne sconterà ben 11 nelle carceri di Civitavecchia e di Sulmona e verrà scarcerato il 23 agosto del 1943, dopo la caduta del fascismo. Poi venne l’8 settembre e la guerra partigiana (nella quale cadde, a diciotto anni, suo fratello Gaspare proprio a Megolo, sulle balze del Cortavolo), che vide “Nullo”  come Capo di Stato Maggiore (ma di fatto vice comandante generale) delle Brigate Garibaldi e membro del Comando generale del Corpo volontari della libertà. È in questa veste che, tra il novembre e il dicembre del 1944, Pajetta si trovò a Roma, come membro del CLNAI, per trattare con gli Alleati e con il governo Bonomi l’accordo politico-militare che portò al riconoscimento delle formazioni partigiane come formazioni regolari e all’attribuzione delle funzioni di governo al Comitato di Liberazione dell’Alta Italia. Dopo la Liberazione Pajetta diventò direttore dell’edizione milanese de l’Unità e membro della Direzione del Pci. Nel 1945 venne eletto alla Consulta (non era potuto diventare senatore perché troppo giovane), poi, nel 1946, all’Assemblea costituente, nel 1948 alla Camera dei deputati (dove è stato riconfermato ben dodici volte). Dal 1984 è stato anche parlamentare europeo.

Il giorno prima di morire d’infarto aveva rilasciato al Messaggero un’intervista nella quale, con riferimento alla “svolta della Bolognina” che avrebbe portato allo scioglimento del PCI, dichiarava di stare vivendo i giorni più brutti della sua vita. La lettura di un suo libro, in particolare, è utilissima per comprenderne l’acutezza e la lucidità d’analisi soprattutto sulle grande questioni internazionali, delle quali si occupò a lungo: “Le crisi che ho vissuto. Budapest,Praga, Varsavia”. Toccò a lui, con la sua voce tonante, pronunciare l’orazione ai funerali di Enrico Berlinguer, dopo aver accompagnato Giorgio Almirante, avversario di mille battaglie, a render visita alla salma del leader comunista nella camera ardente alle Botteghe Oscure. E anche lì si colse la cifra democratica e la levatura di un grande dirigente.  Miriam Mafai, giornalista e scrittrice morta nel 2012, visse per trent’anni a fianco di Giancarlo Pajetta. Raccontò così il “ragazzo rosso” : «È morto a casa mia. Ma ho vissuto con lui molti anni, se si intende per vivere insieme stare insieme, viaggiare insieme, studiare insieme Stiamo stati anche molto felici ma non abbiamo mai vissuto da coniugi: non eravamo interessati né io, che avevo già più di 30 anni né lui, che ne aveva oltre 50, a scambiarci l’esistenza dalla mattina alla sera. Giancarlo si trasferì a casa mia solo nell’ultimo periodo». Pajetta morì senza assistere alla fine, ormai decretata, del Pci. Lo raccontò, ancora, Miriam Mafai: «Lui muore quando sta morendo il partito comunista. Quindi ha già visto il crollo del muro di Berlino, ma non ha visto, per sua fortuna, la bandiera rossa che scende dal pennone del Cremlino. Ma all’epoca il Pci sta cambiando nome e lui sa che finirà. Certo Giancarlo è morto perché non era più un giovanotto, ma credo che non abbia voluto vedere il seguito». La drammaticità del suo personaggio stava nell’estrema fedeltà al socialismo all’Urss e al Pci e insieme la sua capacità di vederne i limiti e i difetti. Ripose molte speranze in Gorbaciov, quello che fu uno degli uomini più amati nel vecchio partito comunista. Era un grandissimo oratore, i suoi comizi erano un avvenimento perché riusciva a stabilire un rapporto con la piazza straordinario. Quando chiesero alla Mafai che uomo fosse, lei risposte così: «Era una personalità ricca di sfumature, per alcuni versi insopportabile. Impaziente, molto colto, un divoratore di libri di ogni genere. E poi viveva di niente, a Roma in un appartamento orrendo. Non aveva mobili e io gli dicevo che aveva nostalgia del carcere. Parlando della mia casa diceva: Vedi? Qui in Unione Sovietica ci vivrebbero tre famiglie! Io gli rispondevo: Infatti io non voglio andare a vivere in Unione Sovietica . Giancarlo immaginava una società che non esisteva più e il suo sogno, da vecchio, era una camera in affitto in una casa di operai a Torino. E, diversamente da tutti i deputati, ai suoi figli ha lasciato praticamente niente».
Marco Travaglini

Ricordando il ragazzo rosso: 13 Settembre 1990 –  13 Settembre 2015.
25 anni fa veniva a mancare Giancarlo Pajetta, valoroso partigiano, autorevole parlamentare della nostra Repubblica e noto esponente del Partito Comunista.
Dal settembre del 1990 riposa nel cimitero in Megolo di Pieve Vergonte unitamente ai fratelli Gaspare e Giuliano, a mamma Elvira e papà Carlo.
L’Amministrazione Comunale di Pieve Vergonte ha organizzato un evento per ricordarlo intitolato “ricordando il ragazzo rosso“.
Le Associazioni Partigiane, le Rappresentanze politiche ed i Cittadini della nostra Provincia sono invitati a partecipare numerosi ad un momento di raccoglimento presso il Cimitero di Megolo domenica 13 settembre 2015 alle ore 18.00.