CONSERVCO e COMPARTO RIFIUTI- Appunti per un ragionamento condiviso all’interno del PD.

Il dibattito politico sul comparto dei rifiuti provinciale sino ad oggi si è caratterizzato sul futuro della struttura societaria di ConserVCO:  Privato sì – privato no e quota di compartecipazione da parte del privato (sotto o sopra il 50%).

Oggi un altro tema di rilievo si inserisce nel dibattito ponendo non poche problematiche e perplessità: il futuro di Prato Michelaccio, vale a dire la zona dove ad oggi insiste la struttura del forno inceneritore dismesso e si concentrano progetti di investimento industriale per il comparto.

Seppure centrali questi due aspetti devono sapere coordinarsi con una riflessione sulla proposta politica per un comparto che possa ripensare il territorio e le proprie risorse.

Diversamente il rischio è che alcuni passaggi appaiano di difficile lettura.

Proviamo a ricostruire, in sintesi, ciò che il dibattito ha di recente prodotto.  Si tratta di passaggi che hanno già avuto una certa ufficialità ma su cui si può ancora intervenire.

  1. L’assemblea di agosto del Coub ha ipotizzato di cedere al privato il 60% della società con una opzione (obbligo per il partner) di cessione aggiuntiva del 10%.

Le domande che ci poniamo sono: Perché? Mera questione di liquidità? Che scelta di quota al privato si è compiuta nelle gare doppio oggetto nel settore in giro per l’Italia? Esiste il timore che non si presenti nessun potenziale partner a percentuali inferiori? E’ stata misurata questa ipotesi? E quale sarà il passo successivo alla gara: una privatizzazione a scalini (il 70% e poi a salire)? E se la gara non dovesse ricevere proposte, si andrà a gara secca? Quest’ultima ipotesi sarebbe rischiosa per ConserVCO. Il suo futuro sarebbe compromesso in caso di perdita della gara.

  1. L’assemblea ha rifiutato di volere impegnare il partner nel raggiungimento di un +10% di raccolta differenziata. Si è detto che in fase di gara ogni concorrente farà le proprie proposte. Sarebbe bene, però, al più presto avere chiaro il genere di risultato di raccolta che si ha in mente così da condizionare in maniera evidente il vincitore ad un raggiungimento minimo soddisfacente di differenziazione del rifiuto.
  1. L’assemblea non ha posto al centro il tema del lavoro. Lo si faccia al più presto. Essenziale capire che cosa sarà delle maestranze. Si ridurranno? Cambieranno le condizioni? O immaginiamo di aumentare i posti di lavoro?
  1. L’assemblea del Coub non è entrata in questioni di merito tecniche fatta salva la necessità di immaginare un impianto (verosimilmente biodigestore anaerobico, ottima cosa!) al posto del forno. Questione questa che, come detto in premessa, è legata però all’annoso problema del sito che oggi è previsto essere area di laminazione del fiume, quindi strategica per il contenimento delle acque sul Po’. Tale situazione però pare immobilizzare il percorso della gara perché vengono così a crearsi due problemi: da un lato la necessità di bonificare l’area (intervento che potrebbe essere di qualche milione di euro) e dall’altro l’impossibilità di investire oltre modo in impianti industriali.

Gli elementi sopra esposti però, si diceva, non offrono spazio alla proposta tecnologica e organizzativa per il comparto. La politica deve quindi sapere dare spinta, innovazione, permettere di alzare gli occhi oltre i problemi cogenti di prato Michelaccio.

Sono molte le azioni che devono caratterizzare il percorso ma qui proponiamo pochi chiari passaggi che possono qualificare lo sviluppo del settore: 

  • Pensare ad investimenti industriali anche oltre l’area di prato Michelaccio: se la gara punta ad individuare un soggetto privato si deve ragionare sul fatto che sia il soggetto stesso a contribuire a trovare le aree e condurre gli investimenti. Pensiamo ad esempio all’area industriale tra Gravellona e Verbania che oggi ha migliaia di metri quadrati di capannoni in disuso, o qualsiasi altra area del VCO nel quale il partner privato può avere interesse a investire. 
  • Affrontare il tema bonifica: se si prefigurasse come imprescindibile è necessario che si programmino subito gli interventi e i costi ricordandoci che tale investimento fa parte dell’azione pedagogica del pubblico che si dimostra responsabile sia negli impegni rispetto al piano di gestione del Po’ e che nella capacità di bonificare i terreni che ha inquinato. Chissà mai che realtà private del territorio possano essere incoraggiate a fare altrettanto.
  • Investire nell’implementazione di sistemi di tariffazione puntuale che consentano di ottimizzare i costi di gestione, favorendo al contempo le migliori sinergie con le attività di riduzione dei rifiuti. In tal senso vanno standardizzate le buone pratiche presenti a macchia di leopardo sul Territorio, quali l’uso del sacco conforme, e migliorare i sistemi di identificazione certa dell’utenza e calcolo reale di rifiuto prodotto nonché rafforzare il ricorso all’
  • Raggiungere una raccolta differenziata media all’80%. Questa scelta conduce a rivedere in maniera significativa l’impianto organizzativo attuale, con la creazione di impiantistiche leggere per il trattamento del rifiuto, riduzione dei costi di smaltimento con la possibilità, a parità di tariffe, di effettuare nuovi investimenti per creare nuovo lavoro che produca nuova ricchezza.
  • Dare vita al piano di investimenti votato dai comuni nel 2014 integrandolo con i processi di coinvolgimento del personale e dell’utenza.
  • Un biodigestore, affiancato da uno studio sulla possibilità concreta di produrre bio-carburanti, e aprendo al ricevimento di rifiuti organici da fuori la provincia;
  • Impianti di selezione della plastica (impianti dotati di nastri per la selezioni, magneti per la divisione di plastica e metalli)
  • Impianti per il trattamento dei rifiuti del Verde anche alla luce della nuova normativa che non considera più u rifiuto i residui da alcuni lavori di manutenzione del verde.
  • Impianti di prossimità per autocompostaggio di comunità.

Rispetto a come raggiungere un sistema simile appare evidente a chi scrive che gli investimenti vanno condotti in sinergia con capitali privati poiché le risorse pubbliche scarseggiano.

Ciò comporta la necessità di promuovere una manifestazione di interesse per selezionare probabili concorrenti che:

  • posseggano comprovate conoscenze ed esperienze nel settore;
  • dimostrino la capacità di generare valore sociale tramite il proprio lavoro: oggi l’indotto garantisce inclusione sociale di decine di soggetti svantaggiati e questo elemento è sostanziale;
  • assicurino la maggiore riduzione del trasporto su gomma;
  • siano in grado di offrire soluzioni tecnologiche innovative;
  • si impegnino a sviluppare, oltre agli impianti più sofisticati, impiantistiche leggere e funzionali.

Per concludere, non è un caso se oggi le normative nazionali e regionali spingono i territori a raggiungere risultati che noi abbiamo già raggiunto da dieci anni. Vogliamo e possiamo continuare ad essere promotori di nuovi percorsi fatti di nuovo lavoro, riduzione impatto ambientale e regole di ingaggio chiare e precise.

*Davide Lo Duca,Gianni Morandi, Scalfi Nicolò, Alice De Ambrogi, Riccardo Brezza,Davide Bolognini, Gian Carlo Zoppi, Simona Ruschetta,Paolo Ravaioli, Fabio Giraldo, Moreno Minacci .

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