Verso il 1° maggio nel VCO. Italia: Maternità e lavoro incompatibili

Alla vigilia della Festa dei lavoratori ci rendiamo conto che da festeggiare c’è sempre meno.
Ci sono imprese che chiudono, che traslocano, ci sono banche che chiedono la flessibilità del mercato e non concedono prestiti ai giovani “con contratti flessibili” e un quadro generale locale di progressiva e lenta regressione.
Ma anche per quelli che un lavoro ce l’hanno la situazione rimane difficile.
In Italia c’é bisogno di piú politiche per conciliare lavoro e famiglia in quanto il nostro paese si colloca ben al di sotto della media OCSE rispetto a tre indicatori fondamentali per la famiglia: occupazione femminile, tasso di fertilitá e tasso di povertá infantile.  Il dilemma italiano – afferma il rapporto OCSE pubblicato il 27/04/2011 – sta nel fatto che é molto difficile combinare lavoro e figli ma, allo stesso tempo, un elevato il tasso di occupazione dei genitori é cruciale per ridurre il rischio di povertá infantile.
Per poter migliorare le condizioni di vita lavorativa e familiare é quindi necessario che questo governo rafforzi le politiche per l’infanzia e per il lavoro che contribuiscono a rimuovere gli ostacoli all’occupazione femminile. Non ci sembra però che questi argomenti siano parte dell’agenda di governo! In questo quadro non stupisce sapere che per avere una condizione lavorativa più stabile, i giovani spesso pospongono l’etá in cui hanno il primo figlio e così la probabilitá di non avere figli aumenta.
In Italia, in effetti, ci sono molte donne senza figli: il 24% circa delle donne nate nel 1965 non ha avuto figli; in Francia, per esempio, solo il 10% delle donne nate nello stesso anno non ha figli (sempre dati Ocse).
La flessibilitá degli orari di lavoro svolge ancora un ruolo limitato nell’aiutare i genitori a conciliare lavoro e famiglia: meno del 50% delle imprese con 10 o piú dipendenti offre flessibilitá ai propri dipendenti, e il 60% dei lavoratori dipendenti non è libero di variare il proprio orario di lavoro. Avendo scarso accesso a servizi di pre e dopo scuola, per i genitori é complicato avere un lavoro a tempo pieno. L’alternativa é spesso un lavoro part-time, opzione scelta dal 31% delle donne in Italia ma solo dal 7% degli uomini.
Sempre nel nostro paese le donne dedicano al lavoro non retribuito molto piú tempo degli uomini (in media, piú di 5 ore al giorno le donne e meno di 2 ore al giorno gli uomini): la più ampia disparità di genere nei Paesi OCSE dopo Messico, Turchia e Portogallo.
La nostra è la storia del cane che si morde la coda:  se si lavora diviene problematica la gestione della prole;  se non si lavora la prole avrà problemi di sostentamento.
Danimarca, Svezia e Germania sono ottimi esempi di un buon connubbio Stato- Imprese. L’appoggio concesso alle famiglie è ripagato sia dalla situazione economica-sociale, sia dalla soddisfazione dei cittadini.
In Italia, tralasciando i pochi fortunati che possono contare su valide e costose alternative, è auspicabile un impegno immediato e coordinato di istituzioni ed aziende, mirato alla soluzione di un problema che affligge gran parte delle famiglie italiane con notevoli danni economici e sociali.
E’ troppo chiedere al governo Berlusconi di impegnarsi in politiche per la famiglia? Invece di ridurre l’offerta formativa pubblica, il tempo di permanenza a scuola, l’assistenza per i diversamente abili e tutte le altre tristi scelte che in questi ultimi anni Lega e PDL hanno fatto a danno della cellula base di questa società: i bambini!

Antonella Trapani
Segretario provinciale PD VCO

FRONTALIERI: IL PD IN PARLAMENTO PRESENTA UNA MOZIONE.

Alla Camera dei Deputati è stata presentata una mozione sui rapporti Italia – Svizzera presentata dai deputati del Partito Democratico facenti parte della III Commissione affari esteri, di cui primo firmatario è l’onorevole Narducci (già presente nel VCO a molte iniziative del PD sul tema).
La mozione ha lo scopo di portare nell’Aula parlamentare il dibattito sulle difficoltà tra l’Italia e la Svizzera che negli ultimi mesi hanno comportato pesanti attacchi ai frontalieri italiani occupati nella fascia di confine in territorio elvetico.
Potete scaricare cliccando qui il testo completo della [download id=”52″]
Il Partito Democratico intende, con la predetta mozione, tutelare i nostri concittadini frontalieri e garantire la regolare applicazione della Convenzione esistente per quanto riguarda il ristorno fiscale ai comuni di frontiera entro la fascia di delimitazione di 20 chilometri.
Tutto ciò esige che si attivino i canali diplomatici bloccati da mesi e che le forze politiche di Governo si assumano le responsabilità che a loro competono.
Questa mozione sarà la cartina di tornasole per vedere se il Governo ed i parlamentari locali Zacchera e Zanetta vorranno tutelare i frontalieri solo a parole oppure impegnarsi sul serio, facendo discutere e approvando questa mozione.
Nel merito la mozione impegna il Governo a:
– a intraprendere i necessari passi diplomatici per riallacciare il dialogo con il Governo svizzero nell’intento di promuovere e tutelare gli interessi dell’Italia;
– a convocare un tavolo di concertazione per definire al più presto un percorso negoziale sulla nuova convenzione fiscale per evitare la doppia imposizione sul reddito e sulla sostanza, formulando e discutendo in quella sede le legittime richieste d’interesse del nostro Paese;
– a non lasciar nell’incertezza i 55 mila frontalieri italiani occupati in Svizzera, tutelando il loro diritto, al pari trattamento salariale rispetto ai colleghi svizzeri e stranieri residenti, affrontando allo stesso tempo – sul piano politico – la minaccia formulata da Giuliano Bignasca, indiscusso leader della Lega dei Ticinesi, di far licenziare 13.500 frontalieri italiani;
– ad assumere iniziative appropriate sul piano politico e diplomatico per la piena applicazione della convenzione del 9 marzo 1976 stipulata con la Confederazione svizzera per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, un atto fondamentale per mantenere invariata la quota delle trattenute fiscali retrocesse dalla Confederazione elvetica ai comuni italiani compresi nella linea di demarcazione di 20 chilometri dal confine italo-svizzero.