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Festa democratica Verbania: ecco il programma

image Si svolgerà a Verbania da giovedì 26 agosto a domenica 5 settembre, presso l’area attrezzata della Casa del popolo Circolo Arci di Trobaso, la festa democratico del Circolo PD di Verbania.
Una decina di giorni di musica (liscio, rock, caraibica) di sport (con gare podistiche, un confronto internazionale di Bocce, una biciclettata), di politica (un paio di dibattiti su Verbania e la situazione nazionale), di cultura (presentazione di libri), ed ovviamente di buona cucina con servizio ristorante e bar. Ecco nel dettaglio il programma:
-Giovedì 26 agosto, Apertura Cucina ore 19.00, Piatti della serata: risotto alla mediterranea e caprese di Bufala DOP, Ore 21 – Musica Liscio con “LEA e ANDREA”
– Venerdì 27 agosto, Ore 19 – Gara podistica (5 km e 2 km), Ore 20.45 – Maxischermo Calcio Supercoppa Europea, Ore 21 – Esibizione boccistica internazionale femminile, Ore 21 – Musica Liscio
– Sabato 28 agosto, Ore 18.30 – Area libreria: Presentazione libro di Claudio Zanotti “Ad alta voce”, Ore 20.30 – Maxi schermo “SERIE A”, Ore 21.00 – Musica Liscio con “I NOTTAMBULI”, Ore 21 – Esibizione boccistica
– Domenica 29 agosto, Ore 18.00 – Maxi schermo “SERIE A”, Ore 18.00 – Incontro tra rappresentanti dei Partiti di Centro Sinistra: Costruire l’alternativa a Verbania, Ore 21.00 – Musica Rock e altro: TOXIC SOX, Ore 20.30 – Maxi schermo “SERIE A”
– Lunedì 30 agosto, Ore 21.00 – Aristide Ronzoni intervista Aldo Reschigna, Ore 20.30 – Maxi schermo “SERIE A”, Ore 20.45 – Musica rock “Groundfloor”,
– Martedì 31 agosto, Cucina con piatti tipici cubani, Ore 18.30 – Area libreria: Presentazione libro di Marco Travaglini “Quando la notte si mangia le stelle”, Ore 21.00 – Musica e danze Cubane,
– Mercoledì 1 settembre, Ore 20.45 – MUSICA Liscio,
– Giovedì 2 settembre, Ore 18.30 – Area libreria: Presentazione libro di Mino Ramoni , Ore 21.00 – Musica e Danze Popolari, Ore 21.45 – Cinema: proiezione film
– Venerdì 3 settembre, Ore 20.30 – Maxi schermo “Estonia-Italia”, Ore 21 Musica Pianobar e anni 70/80
– Sabato 4 settembre, Ore 21.00 – MUSICA – Ore 21.45 – Cinema: proiezione film
– Domenica 5 settembre, Ore 21 – Musica Liscio – Ore 21.45 – Cinema: proiezione film – Ore 23.30 – Chiusura festa

Per tutta la durata della festa: Sottoscrizione a Premi.
Il programma può subire variazione senza preavviso.

Come spremere il barcaiolo

image Il Centrosinistra aveva gestito con equilibrio e misura l’introduzione del canone annuo per l’attracco delle barche nei porti e sulle rive. Arrivano Destra e Lega Nord e i pagamenti schizzano alle stelle.
Aria di burrasca sul lago Maggiore. I proprietari di barche attraccate nei tre porti comunali (Suna, Pallanza e Intra) e sulle rive si sono visti recapitare in queste settimane i bollettini di pagamento per il canone annuo di attracco. E sono bollettini purtroppo molto salati.
Facciamo un passetto indietro. Tra il 2008 e la primavera del 2009 la Giunta di Centrosinistra aveva censito le imbarcazioni presenti nei porti e sulle rive per regolamentare – in base a specifiche disposizioni regionali – questo utilizzo di beni demaniali da parte dei cittadini.  A censimento era seguita la proposta di regolarizzazione dell’utilizzo del posto-barca, con il pagamento di un canone annuo di importo ragionevole. In più il Comune, in forte e proficua sinergia con i consiglieri regionali, aveva ottenuto dalla Regione l’eliminazione del pagamento delle annualità di canone arretrate, imposto in un primo momento.
Passano alcuni mesi, cambia l’Amministrazione e tra agosto e ottobre 2009 la Giunta di Destra e Lega Nord approfitta immediatamente della facoltà concessa dalla Regione di aumentare i canoni di attracco e propina ai malcapitati barcaioli un supercanone di molte centinaia di euro, cui s’aggiunge un deposito cauzionale a garanzia di non si capisce bene che cosa. I possessori di barca s’arrabbiano e si guardano in giro. Scoprono così che negli Comuni che, con Verbania, costituiscono la cosiddetta “Gestione associata” del demanio idrico (Cannobio, Cannero, Oggebbio, Ghiffa, Baveno, Stresa, Belgirate) i canoni non sono stati aumentati dalle rispettive Amministrazioni e sono di quattro/cinque volte più bassi.
E così s’arrabbiano ancora di più, appellandosi al Difensore Civico. Ah, la lungimiranza!

Articolo tratto da VERBANIASETTANTA,  foglio virtuale di informazione prodotto da Claudio Zanotti, consigliere comunale di Verbania. All’indirizzo info@verbaniasettanta.it possono essere inviati contributi, riflessioni, testi, nuovi indirizzi di posta elettronica. Gli arretrati possono essere letti su: http://file.webalice.it – username: verbaniasettanta – password: Verbania



 

Senza parole

image Pubblichiamo i due comunicati stampa sulla questione elezione Paolo Marchioni a Presidente FinPiemonte
Senza parole: due.
La risposta piccata e sopra le righe di Paolo Marchioni (clicca qui per leggerla) lascia intendere che abbiamo colpito nel segno.
Innanzitutto afferma che lui fa tutto e bene. Che è bravissimo a districarsi tra Torino, Roma e la provincia. Insomma è un “superman” della cosa pubblica, un top manager e non capisce perché lo critichiamo.
Permettiamo di continuare a dubitare, a sostenere che fare bene tre incarichi di prima rilevanza è davvero impossibile, che ci vuole tempo e non solo porzioni di esso e, soprattutto, che eticamente siamo per una testa un incarico.
Sulle indennità abbiamo capito che con la nuova carica di FinPiemonte, da questo mese, supererà tranquillamente i 200 mila euro. Il “poverino” si difende affermando che sono lordi, che su quelli deve pagare le tasse. Beh, ci mancherebbe altro!
Ovviamente Marchioni non si pone nessun problema e scarica bile contro altri. (segue)Ad esempio attacca in maniera sconclusionata Aldo Reschigna, “accusato” di ricevere un’indennità alta come consigliere regionale.
Primo: lui ha solo quell’incarico (essendosi dimesso da consigliere comunale di Verbania). Secondo: è stato eletto dai cittadini (lui no, è stato nominato). Terzo, l’indennità è uguale a quella di Marinello e De Magistris leghisti come lui.
Assurdo è un po’ avvilente accostare questa indennità al compenso che riceve da Saia. Per Reschigna è il suo lavoro da oltre vent’anni come per lui fare l’avvocato.
E scambiare il lavoro con un incarico è davvero inammissibile.
Il problema rimane: tre incarichi e 200 mila di euro di indennità.
I cittadini ne traggano le conclusioni.
Senza parole:
La nomina di Paolo Marchioni a Presidente di FinPiemonte lascia a dir poco perplessi.
Non entriamo nel merito delle competenze.
Rimaniamo senza parole perché su un’unica persona ricadono incarichi di enorme responsabilità, sia a livello amministrativo, economico e politico.
Essere nel consiglio d’amministrazione dell’ENI dovrebbe essere già una mansione totalizzante, visto che stiamo parlando della più grande azienda italiana (tra i primi cinque gruppi petroliferi del mondo), ed a questo sommare la carica di Vicepresidente della Provincia del Vco e la nuova carica di Presidente FinPiemonte partecipazione s.p.a. (il principale strumento di azione della Regione Piemonte con oltre 33 società controllate) ci sembra davvero troppo.
Come si fa a ricoprire, e bene, tre incarichi così importanti? Come si fa a districarsi tra consigli d’amministrazione a Torino, a Roma e sedute ed impegni istituzionali della Provincia? Ovviamente non si può. Ogni cittadino sa che questo è impossibile, qualunque giustificazione verrà data.
C’è il rischio innanzitutto di far male o dedicare poco tempo a tutte e tre le cose, come l’esempio dell’assenza di Zacchera all’ultimo consiglio comunale o la cancellazione dell’assemblea dei sindaci sulla sanità (per impegni a Roma) testimonia.
C’è il rischio che il sovrapporsi di competenze limiti la libertà d’azione nei singoli incarichi. C’è la nostra convinzione che in ambito pubblico bisognerebbe evitare il sovrapporsi di incarichi.
Oltre tutto responsabilità ben remunerate dal punto di visto economico.
E’ vero che sia più di 200 mila euro l’anno la cifra percepita da Marchioni?
Se fosse vero ci scapperebbe la battuta “alla faccia di Roma ladrona”.
Non era proprio possibile individuare altre figure?
Nella Lega Nord c’è solo Marchioni che può ricoprire tutti questi incarichi?
Noi pensiamo che altre scelte potessero essere fatte, perseguendo l’idea di una “testa un incarico” (soprattutto di questo livello).

Lilliana Graziobelli

PD VCO
Ufficio stampa

PIANO DI RIENTRO PER LA SANITA’ NEL VCO: RIDERE O PIANGERE?

image La Regione Piemonte (Lega Nord e PDL) ha approvato il Piano di Rientro predisposto dal direttore generale Robotti ed esaminato dalla Rappresentanza dei Sindaci, l’organo collegiale di consultazione di cui fanno parte i sindaci dei Comuni di Verbania, Omegna e Domodossola. Tutto bene, tutto normale? No.  E non perché questo Piano di Rientro (leggi: tagli generalizzati di investimenti e servizi) e la logica che da Torino lo impone siano largamente contestabili.
Non c’è nulla di normale perché a Torino Roberto Cota e la Giunta di Destra e Lega Nord impongono tagli e, di conseguenza, scelte dolorosissime (e criticabilissime) alla sanità provinciale, mentre nel Verbano Cusio Ossola il consigliere regionale Pdl Valerio Cattaneo dirama alla stampa un alluvionale comunicato nel quale dichiara tutta la sua contrarietà al Piano di Rientro e invita (o intima?) Cota e la sua Giunta a non approvarlo. Con quale risultato? Che in Piano di Rientro viene approvato a tamburo battente, a conferma dell’autorevolezza di Cattaneo, Presidente del Consiglio Regionale! Delle due, l’una: o Cattaneo non conta nulla e a Torino Cota fa quello che vuole; o Cattaneo gioca a fare la maggioranza a Torino (dove il suo partito, il Pdl, sostiene il Piano tanto avversato) e l’opposizione nel VCO.
 Se prevale (come credo) la seconda ipotesi, allora la sceneggiata deve essere fatta con il botto. E infatti parte l’ordine di Cattaneo a Zacchera (ormai una consolidata abitudine) affinché quest’ultimo convochi l’Assemblea degli 84 sindaci dell’Asl Vco, per fare sentire alta e forte la disapprovazione del territorio. Poco importa che Zacchera abbia già dato il via libera consultivo al Piano di Rientro qualche settimana fa: il contrordine è contrordine! E infatti in un batter di ciglia il sindaco di Verbania obbedisce al capopartito e convoca l’Assemblea dei sindaci sul Piano di Rientro. Per far che? Evidentemente per contestare un Piano che la Regione ha prima imposto e poi approvato. Non contento, Cattaneo fa presentare alla Giunta Regionale un’interrogazione per avere rassicurazioni sulla temporaneità dell’accorpamento di Nefrologia e Cardiologia al “Castelli” di Verbania. E a chiudere, la dichiarazione-capolavoro di Gallina, neo-capogruppo Pdl in Provincia: “Ora, col nuovo Piano di Rientro, il Dottor Robotti propone ulteriori tagli. Cosa che non potrà che tradursi in uno scadimento aggiuntivo dei servizi ai cittadini del VCO.”. Ma qualcuno a Gallina gliel’ha spiegato che questo vituperato Piano di Rientro dell’Asl, proposto da Robotti, è stato approvato da Cota e dall’assessore Ferrero, e cioè da Lega Nord e Pdl?
Voler fare la maggioranza a Torino e l’opposizione a Verbania è un giochetto che suppone un elevato tasso di dabbenaggine nei cittadini. Cattaneo e Zacchera si assumano per intero le loro responsabilità, tra le quali c’è quella di avere voluto per il Vco un Piano di tagli, drammatiche riduzioni di servizi (attenzione a quello che sta succedendo all’Eremo di Miazzina e all’Auxologico di Piancavallo!) e rinuncia ad attività indispensabili (rinviata a chissà quando l’apertura di un centinaio di posti per anziani e di una ventina di “ricovero temporaneo”). E le interrogazioni il Presidente del Consiglio Regionale le lasci fare ad altri.

PD Ufficio stampa

A Verbania consiglio comunale senza maggioranza. Il doppio incarico di Zacchera è insostenibile.

I Gruppi consiliari di Minoranza durante la seduta di Consiglio Comunale del 29 luglio hanno responsabilmente garantito il numero legale per  l’approvazione dei soli punti di carattere amministrativo, a fronte delle numerose assenze tra i banchi della maggioranza.
I Gruppi di Minoranza stigmatizzano in particolare l’assenza del sindaco Zacchera, evidentemente impegnato a Roma per le fibrillazioni politiche e parlamentari del PDL.
Ancora una volta lo scandaloso istituto del "doppio incarico", che solo l’arroganza di una Commissione formata da parlamentari direttamente interessati ha reso possibile pur in presenza di espresso divieto di legge, rivela tutta la sua insostenibilità e irrazionalità, dando ragione al severo giudizio espresso qualche mese  fa dal Presidente della Camera, Gianfranco Fini: "fare insieme il presidente della provincia, il sindaco e il parlamentare significa abusare della fiducia degli italiani. Che non hanno l’anello al naso". Parole forti, che hanno purtroppo trovato a Verbania ulteriore conferma. Partito Democratico, Italia dei Valori, Cittadini Con Voi

Per un pd-pd: partito democratico per davvero

image Sono passati alcuni giorni dalla nostra decisione di dimetterci dall’esecutivo provinciale del Pd del Verbano Cusio Ossola, e riteniamo di dover fissare alcuni punti politici che da un lato caratterizzino la nostra decisione e dall’altro la configurino come un contributo alla crescita e al radicamento del partito.
1- Crisi della destra, afasia del Pd
Stiamo vivendo il momento di maggior crisi del centro destra italiano degli ultimi quindici anni. La rottura, ormai sempre più evidente e destinata a sfociare a breve, tra Silvio Berlusconi e Gianfranco
Fini non è una impuntatura personale o un capriccio tra persone. E’ la traiettoria finale di uno scontro tra due visioni alternative di come costruire il partito della destra conservatrice italiana, tra un modello populista e oligarchico e un’ idea che conserva un proprio ancoraggio al concetto della democrazia rappresentativa. (segue)l tutto mentre sullo sfondo di un governo incapace di progettare il futuro e di far imboccare al paese un modello di crescita e di sviluppo prendono corpo le peggiori espressioni di una fase politica nella sua fase finale e decadente: corruzioni, consorterie, intrighi di palazzo e giochi di potere, che arrivano a lambire le stesse autorità di garanzia della Repubblica e minano profondamente la credibilità delle istituzioni agli occhi dei cittadini.
Se ci spostiamo sul piano regionale, la vicenda clamorosa dei ricorsi elettorali e delle pronunce delle magistrature amministrative ci consegnano una destra che, dopo aver declamato nelle piazze la sua immagine di novità e di cambiamento, si è poggiato sul piedistallo delle firme false e delle liste farlocche, come il gigante con i piedi d’argilla del sogno biblico di Nabucodonosor interpretato da Daniele.
Il “partito del predellino” muore nello scontro finale tra i due co-fondatori, mentre il governo di destra porta il Paese su livelli di declino economico ed etico mai toccati nell’intera storia repubblicana.
E se scivoliamo ancora di più nel locale, e andiamo a constatare l’effetto di governo della destra ad un anno dalle elezioni amministrative del giugno del 2009, ci accorgiamo che nella migliore delle ipotesi si segna il passo (vedi l’amministrazione provinciale) e nella situazione più declamata e sbandierata (il Comune di Verbania) si imbocca una clamorosa retro marcia con la diminuzione dei servizi, lo stallo degli investimenti e la telenovela del teatro che si preannuncia gravida di puntate sterili per l’intera legislatura. Il tutto mentre incombe l’ombra sempre più concreta di un radicale taglio sui servizi sociali, di una rinnovata tensione nel mondo della sanità che farà riesplodere sopite tensioni territoriali, di un futuro stesso dell’autonomia provinciale affidata ad un riassetto dei poteri locali nei quali Novara (dall’acqua, ai rifiuti, alla sanità) sta acquistando un ruolo preponderante che presto si trasformerà in tentativo di eliminazione della sovranità del Verbano Cusio Ossola. Tutto questo mentre la crisi economico-produttiva più stressante degli ultimi trent’anni mette sotto scacco il tradizionale modello di sviluppo del VCO, e i suoi ceti più poveri, senza che arrivi dalla destra un autentico modello alternativo che non sia il ricorso alla spesa pubblica, in piena contraddizione con le prediche tremontiane e il modello reaganiano che Berlusconi di quando in quando ci propina.
Stiamo registrando il sostanziale fallimento dell’esperienza di governo della destra che cristallizza un’Italia sempre più povera e sempre meno competitiva in cui si chiudono gli spazi delle opportunità e delle speranze e in cui il ceto medio scivola sempre più verso la povertà, in cui l’antica divisione fatta da Glotz della società dei due terzi di abbienti e di un terzo di esclusi si va trasformando nella società dove un terzo possiede ed ha il benessere e due terzi sono esclusi, diventano outsiders da abbandonare a sé stessi e al conservatorismo compassionevole.
Eppure…. Eppure dentro questo scenario non emerge –a Roma, a Torino e nel VCO- un’alternativa politica nettamente percepibile dai cittadini, sui quali far confluire i consensi dei delusi e costruire un processo di modernizzazione del Paese nel quale sviluppo economico e allargamento della sfera delle opportunità marcino insieme.
l’afasia è diventato il tratto caratterizzante del Partito Democratico, e dietro questa condizione si affastellano i populismi destrorsi di Di Pietro e quelli sinistrorsi di Vendola, uniti da un unico comune denominatore: fare a brandelli la scommessa dei Democratici, per spartirsi le spoglie elettorali e politiche del riformismo italiano e condurre l’alternativa al berlusconismo verso lidi fatti di un impasto tra un leaderismo alla Chavez e uno alla Masaniello.
Oggi il vero rischio, la vera partita politica dei tempi che viviamo e di quelli che vivremo, è il tentativo che è in atto di trasformazione del modello di democrazia da rappresentativa ad oligarchica, in cui il reale controllo dei governi non è del cittadino ma degli ottimati inseriti nel sistema.
Per noi il meglio della stessa democrazia consiste nella possibilità dei cittadini di esprimere la rappresentanza politica, attraverso periodiche elezioni, in un sistema istituzionale fatto di pesi e contrappesi, di poteri e di limiti. Come ci insegnava Tocqueville nella “Democrazia in America”. Un sistema liberale, insomma.
Mentre oggi sul campo –a destra come a sinistra- ci sono opzioni nelle quali si vuole affidare al leaderismo e al populismo il compito messianico di traghettarci oltre il mar Rosso, verso la terra promessa dove scorre il latte e il miele ma dove in realtà la democrazia rappresentativa involve verso la democrazia della subordinazione.
Oligarchie economiche, dominio della finanza e dell’industria sui mass media e sulla comunicazione e aumento delle disuguaglianze sono tutte facce di un unico prisma, nel quale i big players economico-finanziari stanno svuotando la democrazia dall’interno, e nel quale lo “spettro” che si aggira per il mondo non è quello evocato da Marx nel 1848 ma è il controllo totale della grande finanza sulle dinamiche politiche.
Su questo, e sui suoi effetti fino all’ultimo anello periferico d’Italia, noi facciamo silenzio.
Questo silenzio viene percepito dai cittadini, che guardano altrove, mentre al nostro interno, avendo interrotto l’elaborazione culturale che traghettò le culture storiche del riformismo italiano dalla Prima Repubblica fino al PD, discutiamo di cose surreali e totalmente autorefenziali. Cose da ceto politico e da burocrazie di partito: primarie, tesseramento, regole (possibilmente da applicare sempre agli altri e mai iniziando da se stessi). E la politica?

2 – La torre eburnea del VCO
Gli effetti di questa afasia si scontano in particolare nel Verbano Cusio Ossola, dove il partito è ormai chiuso in una torre eburnea. Un luogo nel quale al faticoso lavoro di analisi della società, delle sue dinamiche e delle sue esigenze, si preferisce il tranquillo e consolatorio rito del partito tradizionale.
Poco importa se fuori dalle porte della sezione il mondo va per conto suo. E’ scattata la dinamica che trova in una corteccia rettile a metà strada tra la concezione leninista (“l’unico programma politico: prendere il potere”) e quella togliattiana (flessibilità tattica, integrità ideologica) la sua giustificazione.
Una concezione nella quale il Partito, e il suo ufficio politico (quello che in russo si dice “politbjuro”), dà la “linea”, alla quale si uniformano le organizzazioni periferiche del partito secondo una logica piramidale e gerarchica.
Sarebbero troppi gli esempi da citare che in tal senso si sono susseguiti nel Pd del VCO in questi ultimi mesi, e vogliamo mantenere la nostra riflessione sul piano dell’analisi politica e non farla degradare sulle polemiche da cortile o sui pettegolezzi da ballatoio come troppe volte è finito il nostro dibattito interno.
Ma un esempio valga per tutti: l’atteggiamento tenuto sul tema dell’acqua. Il Partito “convoca” gli amministratori per ratificare un verbale già scritto e redatto da parte del solerte responsabile (che nel merito ripropone tesi ormai superate dalla realtà, come se Berlinguer negli anni ’70 avesse riproposto il frontismo in luogo della solidarietà nazionale), e poi –senza una discussione che parte dal basso, che coinvolge e si prende i luoghi e i tempi di una discussione impegnativa e condivisa- dirama “la linea” (letteralmente definita cosi’!!!) ai circoli e ai componenti dell’assemblea provinciale! Era una modalità che a fatica funzionava negli anni ’50, e che oggi è completamente al di fuori della realtà e della storia. Ma evidentemente è la comoda placenta nella quale si albergano le tetragone certezze di chi preferisce barricarsi nella cittadella piuttosto che affrontare l’ignoto fuori dalle mura della fortezza, nella illusoria speranza che così presto il mondo fuori dalla porta tornerà ad essere quello che era un tempo.
I sintomi di questa azione sono tutti visibili a chi ha gli occhi per vederli: il tesseramento langue, l’iniziativa politica del partito non è percepita dall’opinione pubblica, i circoli sono abbandonati a se stessi e chi pone questi argomenti viene circoscritto al rango di disturbatore di turno. A quando anche l’istituzione della Commissione Centrale di Controllo per la decisione sulla correttezza ideologica delle posizioni dei singoli?
La discussione interna, non più finalizzata alla costruzione di una piattaforma politica (neanche un documento discusso e votato in questi mesi) scivola sempre più verso forme di personalismo, di rivendicazione sterile, di volontà di potere dei singoli. In cui la politica muore.

3 – Rilancio, non fuga
Noi –insieme a tanti altri- abbiamo fondato il Partito Democratico. Nel VCO, e anche in Piemonte e in Italia. Gli vogliamo bene e guardiamo a lui come la speranza per il domani dei nostri figli. Un domani più giusto e più bello. Crediamo che il partito sia lo strumento con il quale anche gli esclusi dal sistema delle opportunità e delle garanzie possano incidere sul proprio futuro e sul proprio destino.
Non possiamo accettare silenti che questo Partito evapori tra il nostalgismo e i furori novisti che nel predicare un rinnovamento senza alcuna base culturale rievocano in realtà il modello di Robespierre.
Proprio perché vogliamo bene al Partito Democratico abbiamo rassegnato le nostre dimissioni dagli organi politici provinciali. Per aprire una discussione, un dibattito e una larga riflessione sul futuro del Pd, in questa Italia che ha bisogno di un’alternativa vera, popolare e democratica alla situazione stagnante che vive.
In politica le cose non si ottengono con la declamazione, ma con la riflessione a cui segue l’azione. Il resto sono cose per filosofi, se sono alte, o per demagoghi, se sono basse.
Non ci interessano entrambe le categorie.
Vogliamo un Partito Democratico Per Davvero. Non ci siamo lasciati alle spalle le vecchie navi, bruciandole definitivamente sulla spiaggia per non avere neppure più la tentazione del ritorno ad una patria che non c’è più, per assistere alla regressione in atto.
Vogliamo un Partito Democratico Per Davvero, che parta dal basso, dal coinvolgimento e dall’ascolto per mettere in campo azioni modernizzatici e innovative. Un progetto chiaro e percepibile, perché l’opposizione non si fa dicendo solo dei “no” o facendo il controcanto ideologico e forzato, ma praticando sul campo una idea alternativa che venga percepita come credibile dalla gente, dai cittadini, dagli elettori.
Così torneremo a vincere. Altrimenti la strada delle prossime amministrative (a cominciare da Domodossola) e delle prossime tornate elettorali è già segnata.
Vogliamo un Partito Democratico Per Davvero, nel quale tutte le culture politiche vengano rispettate e facciano un passo in avanti, e nel quale quando si pongono problemi politici (è o non è oggi un problema politico quanto sta avvenendo nel moderatismo italiano con la crisi del berlusconismo e di come il Pd si rapporta ad esso?) non si venga derubricati da qualche consueto maitre a penser locale come “patetici”. E nel quale chi ha incarichi –anche elevati- di responsabilità politica non si ammali di ponziopilatismo, ma abbia il gusto della guida e dell’assunzione delle responsabilità che competono alle leadership.
Vogliamo un Partito Democratico Per Davvero, nel quale ci si possa confrontare su tutti gli argomenti, e che sia un luogo in cui chi ha delle idee possa essere messo alla prova e giudicato per quello che fa, per quello che ha fatto e per quello che è in grado di fare.
Vogliamo un Partito Democratico Per Davvero, che al piccolo cabotaggio sostituisca il coraggio. E –perché no- anche il sogno che un’altra Italia, un altro Piemonte, un altro VCO è possibile.
Il motivo delle nostre dimissioni è tutto qui: il rilancio di un progetto e di un’idea, e non la fuga. Lo facciamo con la speranza che siano in tanti a condividere questa prospettiva, e che il dibattito congressuale che è alle porte sia l’occasione per una crescita comune condivisa.
Altro non ci interessa.

30 luglio 2010

Enrico Borghi – Rosa Rita Varallo – Stefano Costa