Fermare la guerra tra Israele e Palestina

israele palestinaL’agenda della politica sembra inchiodata sul tema delle riforme, sul quale si sta battagliando in Parlamento.
Credo però che ci siano anche altri temi sui quali l’attenzione va richiamata e tenuta alta. Premetto che sono convinco del fatto che le riforme vadano fatte presto e bene. Non perché servono a qualcuno, ma perché servono al Paese, alla necessità di ammodernarne l’impianto istituzionale, rendendo più rapido il processo legislativo e più salda la stessa democrazia. In fondo è su questo che si “tiene” il patto tra cittadini e istituzioni.
Per questo l’ostruzionismo è un errore, così come sarebbe un errore – ora che siamo vicini al traguardo – rinunciare a tener conto delle proposte che possono migliorare il contenuto delle riforme stesse. Non entro nel merito non perché non si abbiano idee e proposte in merito ( del resto pubbliche e note,recentemente richiamate da Gianni Cuperlo, e da me condivise) ma perché mi preme porre l’altra questione a cui facevo cenno.
Una sinistra che è tale nella natura e nell’azione non credo dubiti nel pensare che la priorità è ciò che accade a Gaza. Lì ci sono 1000 morti palestinesi e 36 vittime israeliane. Una tregua di poche ore non può bastare. Ogni sforzo diplomatico e di mobilitazione deve porsi l’obiettivo di un cessate il fuoco stabile.
L’Europa ha dato di sé una prova non buona, fino ad ora. Uscire dall’immobilismo e attivarsi con le altre istituzioni internazionali , assumendo un’iniziativa politica e umanitaria è il minimo che occorre fare. La proposta di una forza di interposizione schierata sul terreno sul modello del Libano va in quella direzione. In Medio Oriente si consuma un’altra fase di questa tragedia e l’Europa una voce deve ritrovarla, dedicando tempo e scelte senza arrovellarsi sulle caselle dei posto della Commissione da riempire .
Il nostro segretario l’ha detto con chiarezza: prima le cose da fare, le idee e il progetti, poi i nomi. Bene, qui c’è da fermare un macello, superando ritardi e timidezze nella reazione di questi giorni. Sono tra coloro che si ostinano a credere nel bisogno di azioni di solidarietà verso le popolazioni e le strutture colpite, supportando l’azione delle Ong che operano in quel teatro di guerra.
E’ giusto – e normale – che il Pd, prima forza del socialismo europeo, si mobiliti in un’azione politica e di solidarietà a difesa dei diritti umani e del dialogo. Promuoviamo aiuti umanitari, appelli, presidi, iniziative, nella linea di ieri e di sempre: due popoli e due Stati.

E’ urgente farlo perché è l’afonia dell’Europa che impressiona, rinunciando a svolgere con decisione la funzione di soggetto politico globale. L’Italia può e deve avere un suo ruolo come fece il governo Prodi in Libano nel 2006. Allora si riuscì a raggiungere un risultato che oggi tutti riconoscono.
Quel che succede In Israele e Palestina dovrebbe rammentarci che una sinistra che rinuncia a sollevare lo sguardo sul mondo, sui conflitti, le contraddizioni, le opportunità semplicemente rinuncia a se stessa. Non vogliamo più chiamarlo internazionalismo?
Bene, cerchiamo insieme un nome che garbi di più. Un nome per dire ancora che ciò che accade attorno a noi, vicino o lontano, accade anche a noi.

Marco Travaglini
Direzione regionale PD

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