Unire i piccoli comuni? Ascoltiamo i cittadini

La sinistra, almeno in Italia, è credibile per difendere l’esistente, assai meno come agente di cambiamento. È paradossale ma è così. Proviamo. La difesa della Costituzione, la difesa della magistratura, la difesa dello Stato sociale, la difesa della scuola e via difendendo. Tutto (o quasi) giusto, tutto necessario, ma può essere credibile un partito che si propone sostanzialmente di lasciare le cose come stanno, perché questo alla fine è il messaggio che passa?”.
Queste sono le parole che Sergio Chiamparino scrive a pagina 7 e 8 dell’introduzione del libro “La sfida”. A queste difese, sono da aggiungere anche quelle dei piccoli comuni, delle provincie, delle comunità montane, dei consorzi e via difendendo.
Il dibattito su questo argomento è stato uno dei momenti più importanti vissuti durante il congresso del partito democratico nel Vco e l’esito di tale congresso ha dimostrato che se c’è una parte importante del partito provinciale che crede che l’assetto istituzionale locale vada mantenuto così com’è (al massimo con qualche piccolo aggiustamento), c’è una parte, altrettanto importante che ritiene che le cose così come sono oggi, non possano essere difese ad oltranza.
Nessuno crede, almeno nel Pd, che l’unificazione dei comuni vada fatta dall’alto senza il coinvolgimento delle realtà locali, ma è miope ignorare l’esistenza di queste idee fra i cittadini. Forse non è presente nelle istituzioni locali, molti sindaci possano avere delle perplessità, ma siamo così sicuri che i cittadini siano tutti su questa linea? (segue)
Ma al di là di ciò, il concetto parte da un ragionamento semplice. La provincia del Vco è una provincia piccola, con 77 comuni e tre comunità montane e un unione dei comuni, per una popolazione di poco meno di 170 mila abitanti. Alcuni comuni sono piccolissimi, gli uffici fanno fatica a restare aperti e in alcuni casi i primi cittadini risiedono altrove. Credo che la gestione associata che Marco Travaglini vede come una possibile soluzione sia praticabile, ma questo non può scartare altre soluzioni più radicali come l’unificazione, laddove i cittadini lo vogliono. E non parliamo di difesa della democrazia, perché non regge. La difesa della democrazia la si ottiene coinvolgendo di più i cittadini nelle scelte e ascoltando di più le loro istanze. Piuttosto vedo meno democratico un sistema basato sugli enti di secondo grado, fuori dal controllo diretto del cittadino, come i consorzi, le comunità montane ecc.
Infine una preoccupazione. La regione Piemonte aveva scelto, giustamente, di fare una riforma delle comunità montane ridefinendone le dimensioni e le competenze. Oggi quelle comunità montane un pò per l’incapacità di chi le amministra, un po’ per la mancanza di soldi, stanno fallendo nel loro compito. Come risposta c’è il rischio di rivedere costituiti unioni dei comuni che ricordano le vecchie comunità montane. Se così fosse, un partito che vuole essere nei fatti riformista non può fare finta di nulla. Credo che sarebbe un errore madornale spingere per le unioni dei comuni, per il mantenimento delle comunità montane, per la difesa della provincia e per la difesa dei piccoli comuni. Bisogna scegliere. Ma detto ciò la prima cosa da fare, e su questo credo siamo tutti d’accordo, è tornare ad ascoltare i cittadini ed evidenziare come il centro destra sia incapace di governare questi enti e stia fallendo su tutta la linea.
Moreno Minacci

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