Srebrenica, vent’anni dopo

Srebrenica TravagliniTutti noi sappiamo dov’eravamo l’11 settembre 2001, quando arrivò la notizia dell’assalto alle Torri gemelle.
Pochissimi ricordano dov’erano l’11 luglio 1995, quando cadde Srebrenica e iniziò l’ultimo massacro del secolo.
Fu il triplo dei morti rispetto a New York, ma quasi nessuno se ne accorse. Non c’erano immagini, in quei giorni, in tv. Srebrenica, un buco tra le montagne della Bosnia nord-orientale dal nome impronunciabile.
L’Europa era al mare, la Bosnia non faceva notizia, la guerra stava finendo. E poi, a che pro sapere? Erano tutti complici. L’Europa, le Nazioni Unite, la Nato. Si era lasciato che il massacro avvenisse. Oltre diecimila musulmani bosniaci maschi, tra i 12 e i 76 anni,  vennero catturati, torturati, uccisi e sepolti in fosse comuni dalle forze ultranazionaliste serbo-bosniache e dai paramilitari serbi. Tutto avvenne in una decina di giorni, dopo che la città, assediata per tre anni e mezzo, dall’inizio del conflitto,  il 10 luglio era caduta nelle mani del generale Ratko Mladić. Il 19 aprile 2004 il Tribunale internazionale dell’Aja per l’ex Jugoslavia (Tpi) ha definito quello di Srebrenica “genocidio”, il primo in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. Ma da quel momento, tra omissioni e rinvii, si è fatto poco.
Sono passati vent’anni. Ora,sappiamo. Ma si tende a rimuovere,a  dimenticare.
Restano le tombe, il ricordo di uccisioni, saccheggi, violenze, torture, sequestri, detenzione illegale e sterminio.
Ci sarà mai giustizia? Quattro lustri dopo, rimane un profondo senso di ingiustizia e di impotenza nei sopravvissuti e un pericoloso messaggio di impunità per i carnefici di allora, in buona parte ancora a piede libero e considerati da alcuni persino degli “eroi”. Noi ci sentiamo impegnati a raccontare ciò che è stato fatto a Srebrenica affinché il grido delle madri, mogli e figlie di chi venne ucciso nella città “ dell’argento e del sangue” non resti inascoltato.
Da anni , queste donne coraggiose, durante le loro proteste non violente, che si svolgono l’11 di ogni mese a Tuzla pronunciano una parola: “Odgovornost”, responsabilità.
Chiedono verità e giustizia, accertamento delle responsabilità,  condanne per i criminali.E’ un modo per offrire voce e forza a queste donne. Uno dei più grandi intellettuali balcanici, Predrag Matvejevic, scrisse: “I tragici fatti dei Balcani continuano, non si esauriscono nel ricordo come avviene per altri. Chi li ha vissuti, chi ne è stato vittima, non li dimentica facilmente. Chi per tanto tempo è stato immerso in essi non può cancellarli dalla memoria”.
Parole amare e sagge. Parole da ascoltare.

 Marco Travaglini

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